Verso la presidenza della Fed sono in prima fila i nomi del governatore Jerome Powell e l’economista di Stanford John Taylor, padre della nota Taylor rule, una formula matematica per il calcolo dei tassi d’interesse ottimali, in grado di annullare l’output gap. L’economista, spesso citato fra i favoriti per la conquista del Nobel per l’economia, potrebbe, se eletto, persuadere il mercato che il restringimento della politica monetaria potrebbe essere più rapido del previsto. Fra gli altri nomi in corsa per la presidenza Fed c’è anche quello della stessa Janet Yellen, in carica fino a febbraio 2018 (per quanto le sue chance di rielezione siano poche), e quelli di Kevin Warsh e Gary Cohn.
Secondo un sondaggio dei senatori repubblicani condotto per alzata di mano, ha riportato il Washington Post, la figura preferita per la successione di Yellen sarebbe stato proprio Taylor. Secondo alcune stime l’applicazione della “regola” di Taylor ai tassi Fed attuali comporterebbe un rialzo di almeno un punto percentuale.
Dal punto di vista teorico il tasso ottimale postulato da Taylor corrisponde a quello reale di equilibrio, che consente alla domanda aggregata di essere pari all’offerta aggregata in un contesto di piena occupazione. L’applicazione matematica della formula non avrebbe sempre dato esiti più restrittivi: nel 2008, ad esempio, essa avrebbe condotto i tassi in territorio negativo, ma ciò non accadde in quanto si ritenne tale mossa potenzialmente dannosa per le banche.
Se da un lato nella situazione attuale la Taylor law comporterebbe un restringimento monetario più rapido, dall’altro lo stesso artefice della “regola” aveva dichiarato che la sua applicazione non dovrebbe essere meccanica. Se l’economista dovesse davvero diventare presidente non è detto, dunque, che verrebbero messi rapidamente in pratica i principi accademici da lui elaborati.
Intanto sui mercati si sta abbattendo una tempesta sul versante obbligazionario. La curva dei rendimenti più piatta dal 2007 potrebbe continuare ad appiattirsi nei prossimi mesi, con gli investitori che scommettono che il prossimo presidente della Fed assumerà toni più aggressivi del predecessore. Tutti i potenziali candidati alla presidenza, persino Powell, sono considerati come più falchi del contesto di mercato attuale.
Scommettere dunque in un appiattimento della curva dei rendimenti dei Bond americani è una delle puntate più popolari ultimamente per chi fa affari in Usa. Lo spread tra i Treasuries a lunga e breve scadenza è ai minimi dell’ultimo decennio con la Fed che a dicembre si appresta ad alzare i tassi per contenere un’eventuale rinfocolarsi dell’inflazione.
Gli strategist di molti gestori di Wall Street, tra cui BMO Capital Markets, Cantor Fitzgerald e Wells Fargo, sono convinti che nessuno dei candidati della lista di Trump sia in grado di cambiare l’andamento della curva. Yellen è ritenuta essere la più colomba di tutti i candidati e ha imposto già due strette monetarie nel 2017 e si appresta a benedirne una terza a fine anno.
I mercati obbligazionari scontano appena poco più di due incrementi dei tassi guida da qui a fine 2018, mentre la banca centrale ha detto che bisogna prepararsi a quattro rialzi del costo del denaro. I rendimenti dei Treasuries a due anni hanno raggiunto i massimi dal 2008 e non sembrano dare alcun segno di cedimento.