Luci e ombre dai mercati emergenti. Per la prima volta dal 2011, l’ammontare del debito dei Paesi meno sviluppati è sceso in relazione al Pil. Ma la percentuale di emittenti sotto stress – che potrebbero avere difficoltà a rimborsare i propri debiti – è ben oltre i livelli del 2010, calcola l’Institute of International Finance (IIF). Non va sottovalutato.
Eppure il mercato sembra focalizzarsi sulle buone notizie. Secondo stime di JP Morgan riportate dal Financial Times, il debito emergente complessivo – calcolato includendo le passività di governi, aziende e famiglie – si appresta a scendere a quota 167,2% del Pil lordo entro il prossimo dicembre, in calo dal record del 167,8% sfiorato un anno fa. Si tratta della prima – benché modesta – inversione di rotta dal 2011, quando il debito totale valeva il 126,2% della ricchezza totale prodotta dal club emergente.
“Sembra che l’eccesso di debito stia diventando un problema minore per la stabilità finanziaria, in termini di potenziale impatto negativo sui mercati”, ha dichiarato Jonny Goulden, strategist di JP Morgan, convinto che il rischio di una crisi del debito emergente in dollari sia “basso”. A supporto di questa tesi, Goulden cita due dati: l’87% del debito governativo e il 93% di quello che grava sul settore privato sono denominati in valuta locale.
Il record di famiglie e governi
Tuttavia, vale la pena sottolineare la traiettoria divergente della dinamica debitoria di aziende, governi e famiglie. Mentre le imprese non finanziarie stanno tagliando le passività, i prestiti ottenuti dalle famiglie sono aumentati e raggiungeranno un nuovo record a 38% su Pil entro la fine dell’anno, il doppio rispetto ai livelli del 2003. L’aumento più ampio è riconducibile a due pesi massimi, come Cina e Brasile.
Anche il debito governativo sta per toccare un nuovo picco al 50,8% del Pil, stima JP Morgan, ma rispetto a un anno fa l’aumento è contenuto, il più modesto dal 2011, quando si registrò una contrazione. Fanno eccezione i Paesi esportatori di petrolio, come Bahrain, Kuwait e Arabia Saudita, insieme ad altri produttori di materie prime, Zambia, Mongolia ed Ecuador, protagonisti quest’anno del più robusto aumento del rapporto tra debito governativo e Pil.
Non solo. Per JP Morgan il credito concesso dalle banche domestiche è tornato a salire, nella misura del 7,7% su base annua. E poi c’è l’avvertimento dell’IIF. La percentuale di emittenti giudicati “stressed”, caratterizzati da utili inferiori al costo degli interessi – è ben superiore ai livelli del 2010 nella maggior parte dei grandi mercati emergenti: raggiunge il 20% in Brasile, India e Turchia e sfiora il 15% in Cina.
La situazione dunque va monitorata. Se nel 2017 una crescita in accelerazione e sincronizzata nelle varie aree del globo ha offerto un valido supporto al debito emergente, insieme all’indebolimento del biglietto verde e alla liquidità sovrabbondante – lo testimonia la buona performance dell’indice JPMorgan embi global total return, salito del 9% da inizio anno– la traiettoria meno espansiva delle banche centrali potrebbe, nel medio termine, creare qualche difficoltà.