Per i suoi fautori è “equa” e “pro crescita”, per i suoi oppositori è ingiusta e favorisce solo i ricchi. È partito il conto alla rovescia sul piano di riforma fiscale statunitense, che in giornata è stato presentato formalmente dai leader del partito Repubblicano alla Camera. In attesa dell’approvazione del testo, difficile, restano ancora numerosi dubbi sui tagli fiscali che verranno proposti.
In particolare, uno dei maggiori interrogativi è rappresentato dalla durata della attesa delle riduzione delle tasse aziendali. La corporate tax dovrebbe scendere dall’attuale 35% al 20%. Ma quando esattamente e quanto tempo ci metterà a calare, resta ancora un mistero. Dipenderà dalle risorse che il governo federale riuscirà a recuperare.
L’aliquota massima delle imposte sul reddito sarà del 39,6%, ma per un reddito molto più elevato, mentre quella più bassa sarà innalzata dal 10 al 12%. Saranno incrementati sgravi fiscali per chi ha figli e saranno raddoppiate le deduzioni per le famiglie. Verrà poi abolita la tassa di successione, ossia sui beni ereditati. L’imposta minima sul reddito prodotto all’estero sarà invece del 15%.
L’atteso taglio alla corporate tax previsto dal disegno di legge sulla riforma fiscale Usa che i Repubblicani della Camera hanno presentato in giornata sarà come previsto al 20% dal 35% ma, contrariamente alle ultime previsioni, sarà permanente e non “una tantum”. L’annuncio è stato fatto alle 16.15 italiane, le 11.15 ora di Washington D.C..
Secondo le ultime indiscrezioni riportate da Bloomberg, si sarebbe parlato anche dell’ipotesi di varare un piano di taglio del carico fiscale “una tantum”. I legislatori starebbero lavorando a una eliminazione graduale dell’imposta del 20% dopo un decennio di tempo e non più cinque anni come si vociferava in precedenza.
Nei piani di Donald Trump un taglio permanente favorirebbe la capacità di stimolare la crescita economica, mentre un taglio ‘una tantum’ renderebbe maggiormente sostenibili i conti pubblici. Di qui la necessità tra i Repubblicani di trovare abbastanza fondi e risorse per adottare il nuovo pacchetto fiscale, mantenendo così le promesse fatte dal loro leader in campagna elettorale.
Un taglio delle dimensioni promesse farebbe aumentare il disavanzo federale di circa un miliardo e mezzo di dollari, prima ancora di avere effetti positivi sulla crescita economica. La Tax Foundation di Washington stima che il taglio alla corporate tax costerebbe $1.600 miliardi nell’arco di un decennio.
I rappresentanti dell’ala più moderata del partito conservatore statunitense sono contrari a un allargamento del deficit e del debito pubblico, già enorme. Per questo motivo i legislatori stanno cercando di trovare un’intesa tale da far sì che le risorse siano sufficienti a rispettare gli impegni presi nel piano di bilancio del 2018 adottato dal Congresso il mese scorso.
Le ultime indiscrezioni sul maxi piano di riforma fiscale Usa non piacciono tanto ai mercati: l’andamento a Wall Street è peggiorato in concomitanza con la pubblicazione del testo preparato dal gruppo dei Repubblicani alla Camera. Più che i contenuti, il problema riguarda il fatto che si teme che il piano sia di difficile approvazione. Nasaq e S&P 500 cedono lo 0,1-0,2%.