Che il debito cinese sia cresciuto a dismisura negli ultimi dieci anni è una storia nota. Ma quale sia con precisione l’ammontare dell’indebitamento è avvolto nel mistero. Secondo uno studio ribattezzato come Beige Book della Cina, redatto a cura di Leland Miller, un economista americano, tra i consiglieri della Cia, “lo stato del debito cinese è ben più grave rispetto a quello che emerge dai dati ufficiali”.
Secondo il Beige Book cinese, il rapporto indebitamento netto/patrimonio netto è superiore al 300%, ovvero peggio di quello americano (che è anche pericolosamente alto) e paragonabile a quello del Giappone e di altri debitori record.
Secondo l’autore della ricerca, si tratta dunque di un chiaro segnale che il processo di ristrutturazione sarà più difficile di quanto si aspetta il presidente Xi e che il potenziale di panico è ora ai massimi dal 2008. Sempre secondo il Beige Book cinese, il rischio alto al momento è che Pechino sperimenterà un rallentamento significativo della crescita nel 2018, che avrà ripercussioni anche sulla crescita mondiale.
Sempre a proposito del debito cinese, qualche settimana fa gli analisti di Standard & Poor’s avevano fatto notare che Pechino sta facendo passi in avanti nella riduzione del proprio debito pubblico grazie anche all’aumento dei prezzi delle commodity ha aiutato le compagnie cinesi a riequilibrare i propri bilanci, e l’aumento dell’azionario bancario ha trainato la crescita del Pil nominale per la prima volta dal 2012. Tuttavia, i prestiti bancari e la spesa in infrastrutture continuano ad espandersi rapidamente.
“La riduzione del debito è un affare complesso“, aveva affermato Christopher Lee, analista di S&P Global Rating. “Il problema per i politici è ridurre la dipendenza del Paese dal debito senza causare una crisi finanziaria“.