Anche se forse non ne sono consapevoli, molti consumatori globali hanno almeno un prestito legato al London Interbank Offered Rate (LIBOR). Ciò nonostante, l’autorità di vigilanza del LIBOR prevede di eliminare il tasso entro la fine del 2021. In quest’articolo, Mark Boyadjian e Reema Agarwal, Franklin Templeton Fixed Income Group, spiegano perché ritengano che sostituire il LIBOR non sarà facile. Esprimono inoltre alcune preoccupazioni circa i prestiti di nuova emissione mentre il mercato attende una possibile sostituzione del LIBOR.
Per decenni, il mondo finanziario ha riposto la propria fiducia nel London Interbank Offered Rate (LIBOR) quale tasso d’interesse di riferimento per un’ampia varietà di strumenti finanziari in tutto il mondo. Secondo l’opinione comune, il LIBOR rappresenterebbe il tasso d’interesse medio al quale sarebbe stato addebitato reciprocamente un prestito tra un gruppo delle principali banche londinesi. Ai movimenti del LIBOR seguono quelli dei pagamenti di interessi su titoli finanziari per circa 350 trilioni di dollari statunitensi.
Negli ultimi anni, tuttavia, la fiducia in questo tasso è stata minata da alcuni scandali. Nel 2012, le autorità di vigilanza statunitensi ed europee hanno svelato un piano di alcune banche per manipolare il LIBOR allo scopo di realizzare profitti. Entro la fine del 2016, 12 banche dovevano pagare sanzioni per circa 10 miliardi di dollari statunitensi.
Ora la Financial Conduct Authority (FCA) del Regno Unito propone di eliminare il LIBOR come tasso di riferimento entro la fine del 2021. A luglio l’autorità di vigilanza del LIBOR ha dichiarato di essere preoccupata per la mancanza di liquidità nel mercato sottostante. La FCA ha inoltre espresso perplessità circa il sostanziale avvicendamento all’interno del gruppo di banche, sostenendo di aspettarsi un passaggio del mercato a un benchmark alternativo nei prossimi quattro anni. Le banche hanno accettato di presentare volontariamente dei tassi a sostegno del LIBOR sino alla fine del 2021 al fine di agevolare la transizione a un nuovo benchmark.
Per decenni, il mondo finanziario ha riposto la propria fiducia nel London Interbank Offered Rate (LIBOR) quale tasso d’interesse di riferimento per un’ampia varietà di strumenti finanziari in tutto il mondo. Secondo l’opinione comune, il LIBOR rappresenterebbe il tasso d’interesse medio al quale sarebbe stato addebitato reciprocamente un prestito tra un gruppo delle principali banche londinesi. Ai movimenti del LIBOR seguono quelli dei pagamenti di interessi su titoli finanziari per circa 350 trilioni di dollari statunitensi.
Negli ultimi anni, tuttavia, la fiducia in questo tasso è stata minata da alcuni scandali. Nel 2012, le autorità di vigilanza statunitensi ed europee hanno svelato un piano di alcune banche per manipolare il LIBOR allo scopo di realizzare profitti. Entro la fine del 2016, 12 banche dovevano pagare sanzioni per circa 10 miliardi di dollari statunitensi.
Il futuro incerto del LIBOR
Al momento è troppo presto per dire se la scadenza del 2021 fissata dalla FCA sia definitiva, ma riteniamo alta la probabilità di un’eliminazione del LIBOR. Gli scandali del passato e l’assenza di una vera e propria attività di concessione di prestiti non garantiti tra le banche hanno ridotto la credibilità delle quotazioni del LIBOR. A nostro parere, il fulcro del problema è che il LIBOR dipende dalle opinioni di addetti ai lavori su quale dovrebbe essere l’attività di prestito interbancario, piuttosto che dai livelli di negoziazione effettivi.
Riteniamo che la sostituzione del LIBOR con un benchmark alternativo sarebbe un evento significativo. I finanziatori di tutto il mondo usano il LIBOR per fissare tassi d’interesse per una varietà di prodotti finanziari, come ad esempio interest rate swap, prestiti a studenti, ipoteche, collateralized loan obligation (CLO) e prestiti a tasso variabile. Un cambiamento richiederebbe modifiche a contratti e accordi di credito per un valore di trilioni di dollari statunitensi in attivi globali.
I tassi d’interesse di molti di questi contratti e accordi sono fissati sulla base del LIBOR maggiorato di uno spread. Se il benchmark alternativo non replica il compenso offerto dal LIBOR, la probabile conseguenza sarà una rideterminazione degli spread addebitati dai finanziatori e che i debitori sono disposti a pagare per tali attivi.
Un’alternativa statunitense al LIBOR?
A giugno di quest’anno, l’Alternative Reference Rates Committee (ARRC) – sponsorizzato dalla Federal Reserve Bank di New York – ha proposto un’alternativa al LIBOR, ossia un ampio tasso di finanziamento repo dei titoli del Tesoro (BTFR). Il tasso sarà pubblicato giornalmente a partire dalla prima metà del 2018.
Il BTFR è diverso dal LIBOR sotto molti aspetti: è un tasso garantito – il che implica un rischio inferiore per un investitore – e pertanto generalmente più basso rispetto al LIBOR non garantito, ed è inoltre un tasso overnight. Il LIBOR è invece prodotto per cinque valute e ha sette scadenze differenti: overnight, una settimana e uno, due, tre, sei e dodici mesi. Sarebbe necessaria una correzione per eliminare la differenza tra le scadenze di questi tassi.
Nel mercato dei prestiti istituzionali, si teme che le CLO e i prestiti a tasso variabile saranno meno appetibili come attivi a tasso variabile, considerata l’incertezza sulla sostituzione del LIBOR. Questi attivi potrebbero non offrire più agli investitori la protezione desiderata o prevista in un contesto di rialzo dei tassi d’interesse. È questo l’elemento principale che distingue l’asset class dal credito a tasso fisso, in particolare dalle obbligazioni high yield.
Ciò premesso, non è chiaro quale benchmark potrebbe sostituire il LIBOR; il processo di sostituzione è ancora agli inizi e l’esito è estremamente incerto. Riteniamo che sia ancora troppo presto per elaborare teorie concrete su quale tasso o metodologia sostituirà il LIBOR, sulla linearità della transizione e sulle conseguenze per i mercati che dipendono da questo benchmark.
Cosa succederà adesso?
Alla scadenza della FCA manca ancora un intero anno. Considerata la caratteristica di continua richiamabilità dei prestiti, riteniamo che la maggior parte dei loro emittenti affronterà la sostituzione del LIBOR nell’ambito del processo di rifinanziamento, modificando i propri accordi di credito molto prima della scadenza e riuscirà ad incorporare i tassi sostitutivi mentre essi si cristallizzano.
Ma le nostre preoccupazioni sono perlopiù nell’immediato. Abbiamo osservato tentativi di diluire i diritti degli investitori relativamente al benchmark di riferimento (LIBOR) in assenza di informazioni complete circa il futuro del benchmark.
Nello specifico, alcune società hanno aggiunto delle clausole agli accordi di concessione di prestiti di nuova emissione che consentono loro di scegliere un tasso sostitutivo del LIBOR, senza il consenso di tutti i finanziatori. A nostro parere, la regola numero uno di un finanziamento è che ogni finanziatore interessato dovrebbe dare il proprio benestare alla riduzione proposta del relativo tasso d’interesse.
Riteniamo che questa sia una tendenza allarmante. I finanziatori consenzienti potrebbero porre in essere azioni, basate su altre considerazioni, contrarie all’interesse dei finanziatori non consenzienti. Tali considerazioni potrebbero riguardare altre attività dell’emittente, future opportunità commerciali od il possesso di altre parti della struttura di capitale e potrebbero incentivare a ridurre il compenso per i prestiti garantiti senior.
Negli accordi di concessione di prestiti di nuova emissione abbiamo visto anche alcune disposizioni, ancora più criticabili, che consentono all’emittente di cambiare il tasso di riferimento dal LIBOR, senza alcuna approvazione dei finanziatori, disposizioni che non erano nella documentazione non definitiva inviata agli investitori e aggiunte alle versioni finali sottoscritte degli accordi di credito.
La legalità e la trasparenza dell’inserimento di tali disposizioni sono discutibili, ma stiamo cercando di assumere un approccio positivo su questo sviluppo. Stiamo verificando la presenza di queste disposizioni nelle versioni non definitive degli accordi di credito relativi a qualsiasi transazione in titoli di nuova emissione in cui stiamo valutando di investire. Quale condizione per l’investimento, chiediamo che ci sia chiesta l’approvazione per qualsiasi modifica apportata al LIBOR o al tasso benchmark di riferimento.
In questo contesto, continuiamo a preferire l’investimento nel mercato secondario rispetto alle nuove emissioni. In passato il mercato secondario ci ha sempre offerto le migliori opportunità ed anche adesso sembra eliminare incertezze dal punto di vista della documentazione.
Non è affatto escluso che potremmo abbandonare gli investimenti in nuove emissioni – altrimenti appetibili – a causa di queste criticabili disposizioni. Preferiamo sbagliare per eccesso di prudenza e proteggere i nostri investitori da disposizioni unilaterali degli accordi di credito e da variazioni impreviste delle regole che incidono negativamente sul profilo di rendimento dell’investimento. Siamo fermamente convinti che, come già successo in passato, il mercato dei prestiti con leva finirà col dimostrarsi flessibile a fronte delle modifiche dei regolamenti.