Volkswagen: indagini alla tedesca
Siamo partiti dal “dieselgate” per vedere all’opera la magistratura tedesca per continuare in una verifica di “governance” del colosso automobilistico teutonico.
Dallo scandalo sulle emissioni inquinanti “truccate” in territorio americano che tanto scalpore e danni, non solo d’immagine, ha suscitato, le attenzioni continuano in altri ambiti nella gestione dell’impresa.
Questa volta, l’imput all’attività investigativa da parte degli uffici inquirenti su mandato della Procura pare che sia stato fornito, forse in modo involontario, da un compenso ritenuto eccessivo, fuori misura, nei confronti del capo del consiglio di fabbrica.
La circostanza ha fatto scattare degli approfondimenti investigativi in capo ad alcuni componenti del top manager della multinazionale tedesca dell’auto, dei quali ovviamente non è dato ancora di sapere l’esito.
Recentemente, esattamente nel giugno scorso il nostro Parlamento ha tentato senza successo di importare la “legge elettorale” alla tedesca nelle nostre Istituzioni. Malgrado un’apparente condivisione dell’80% delle forze politiche allocate negli scranni parlamentari, alla fine l’iniziativa non ebbe seguito, grazie all’opera dei franchi tiratori di ogni colore nell’esercizio del voto segreto.
La domanda che mi faccio è: sarebbe interessante verificare, anche a scandaglio, i compensi dei nostri top manager, anche nelle aziende private, magari a cominciare dal mondo delle banche per prevenire e scongiurare rischi di sistema di vario genere?
L’esperienza, anche di terzi, le buone pratiche da seguire, soprattutto alla luce di quello che abbiamo assistito nei fallimenti bancari e conseguenze nefaste in danno del popolo retail senza voce.
Banche che per anni hanno elargito compensi lunari agli amministratori, dividendi gonfiati ai soci, presentato bilanci falsi indicando “poste attive” inesistenti che nessuno leggeva, come i crediti da tempo deteriorati e venuti fuori soltanto grazie agli “stress test” della Banca Centrale Europea.
Uno scempio di cui nessuno se ne accorgeva, mentre oggi si comincia a parlare che le regole non erano fatte bene per tutelare i risparmiatori e vanno urgentemente modificate.
Ebbene signori, non è cosi: se quelle regole fossero state rispettate anche solo per il 50%, ci saremmo risparmiati di assistere a questi disastri dove non si intravedono responsabilità, ma solo tanto fumo e uno scarica barile all’italiana maniera da parte di quelli che ancora hanno il coraggio di definirsi “organi di vigilanza”.
La Commissione Parlamentare d’inchiesta ci aiuterà, anche sottovoce, a farci capire bene che noi non siamo tedeschi e che certe verità, forse, non le potremmo mai conoscere.