Scrivere bilanci lunghi non aiuta le aziende. Anzi, avrebbe l’effetto contrario. È quanto emerge da una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori universitari, guidati dalla professoressa Ariela Caglio della Bocconi di Milano, sui rapporti finanziari di aziende italiane e straniere.
Intervistata da Wired.it, Caglio ha messo in evidenza che
“bilanci troppo lunghi spesso sono la cartina di tornasole di situazioni economiche tutt’altro che rosee. La seconda (lo studio è ancora in corso) è che chi scrive poco, ottiene reazioni più positive dal mercato”
Il consiglio è quindi quello di essere il più sintetici possibili e allo stesso tempo inserire più informazioni:
“come descrizioni della strategia, del modello di business, delle prospettive future o sulle relazioni con i portatori di interesse”, spiega Caglio a Wired.
L’idea, in poche parole, è mettere insieme insieme al bilancio di esercizio,
“una serie di altri documenti, come ad esempio, il bilancio di sostenibilità. Il modello del rapporto integrato spinge per unire tutti i contenuti in un unico testo e trasmetterli in forma concisa”.
Uno stanadard – ricorda l’articolo -che nel 2013 e che in Sudafrica è obbligatorio per chi si quota in Borsa. Tra le italiane, “ci sono Generali, Unicredit ed Eni”, elenca Caglio.