Le politiche monetarie ancora espansive, la crescita globale coordinata, l’espansione del commercio internazionale e la solidità dei fondamentali societari e della crescita degli utili continueranno a garantire un contesto propizio agli attivi rischiosi nel 2018, secondo Columbia Threadneedle Investments. Tuttavia, i rischi geopolitici e le valutazioni elevate nei mercati del credito implicano il persistere di ostacoli nell’anno a venire.
Mark Burgess, Vice CIO Globale presso Columbia Threadneedle Investments, ha affermato: “L’economia globale, ad eccezione del Regno Unito, sta attraversando una fase di espansione sincronizzata. Gli utili societari e gli scambi commerciali sono in aumento e la crescita è robusta negli Stati Uniti, in Europa e in altre regioni. L’Asia beneficia di questo fenomeno globale oltre che della continua ripresa in Cina”.
“Le azioni giapponesi in particolare si trovano in una situazione ideale grazie al maggior vigore degli utili societari e al fatto che le riforme in atto a livello delle aziende si traducono in migliori rendimenti per gli azionisti. Per quanto riguarda la politica monetaria, malgrado il lieve inasprimento deciso dalla Federal Reserve statunitense e il primo rialzo dei tassi in dieci anni operato dalla Bank of England, le condizioni rimangono molto accomodanti in tutto il mondo”.
Su tali premesse, non sorprende che le azioni scambino ai livelli correnti. A parità di tutte le condizioni, il 2018 ci sembra più favorevole alle azioni che alle obbligazioni societarie e ai titoli di Stato dei paesi core. Tuttavia, come investitori dobbiamo chiederci quali sono gli elementi che potrebbero turbare queste prospettive positive. In aggiunta ai rendimenti creditizi storicamente bassi e alla clamorosa assenza di inflazione in tutto il mondo, vi sono rischi geopolitici all’orizzonte, tra cui la Brexit, la potenziale instabilità in Europa e i rapporti tra Stati Uniti e Corea del Nord, Cina e Messico.
Previsioni 2018: prospettive per le diverse classi di attivi
Azioni
Nel 2018 ci aspettiamo una crescita degli utili societari del 10-15%, supportata da un contesto ideale caratterizzato da crescita economica moderata, bassa inflazione e politiche monetarie favorevoli per le attività finanziarie. Le aree verso cui nutriamo maggiore ottimismo sono il Giappone, l’Europa (Regno Unito escluso) e l’Asia emergente.
Per il Giappone, prevediamo un’espansione degli utili societari pari all’8% nel 2018, sospinta da una crescita economica superiore alle attese, da riforme aziendali, da un’attenuazione del rischio politico e da politiche monetarie accomodanti. L’impegno di un numero crescente di società nipponiche a migliorare la redditività del capitale proprio è un elemento di rilievo.
Le performance persistentemente robuste registrate in tutta l’area euro sono sostenute dalla solidità della domanda e dei dati sull’attività manifatturiera, mentre i consumi interni – un fattore chiave per la continuità della crescita – hanno ricevuto impulso dall’aumento dell’occupazione e dal miglioramento dei bilanci delle famiglie. La fiducia è elevata, l’attività d’impresa è vivace e il ritmo di creazione di posti di lavoro è stupefacente, pertanto, in un tale contesto, riteniamo che gli utili delle società europee possano crescere del 15% il prossimo anno.
Ma tutti gli occhi saranno puntati sul ridimensionamento degli stimoli da parte della Banca Centrale Europea (BCE), sulla fine del Quantitative Easing (QE) e sugli aumenti dei tassi d’interesse. L’istituto di Francoforte continua ad acquistare obbligazioni per sessanta miliardi di euro al mese e, anche dopo la riduzione di tali flussi nel 2018, è probabile che rimarrà “sul mercato” per gran parte dell’anno. Tuttavia, con la ripresa europea che acquista slancio, la Banca centrale potrebbe cominciare a dubitare dell’opportunità di un tale orientamento espansivo.
Obbligazioni
La domanda di reddito di alta qualità rimarrà un tema dominante. Ciò difficilmente cambierà visto l’invecchiamento della popolazione in tutto il mondo. Tuttavia, considerati gli odierni livelli di partenza dei rendimenti, è improbabile che gli investitori generino extra-rendimenti elevati sui mercati del credito.
Da tempo esprimiamo un parere sfavorevole sui titoli di Stato dei paesi core e tale orientamento non è mutato: restiamo dell’idea che si tratti di strumenti vulnerabili, con premi a termine negativi e tassi a breve depressi, nonché valutazioni decisamente eccessive per i nostri gusti.
Siamo neutrali nei confronti del credito, i cui differenziali hanno fatto molta strada ma continuano a compensare per il rischio di default sottostante dei titoli corporate e il rischio di liquiditĂ . In tale ambito, le obbligazioni societarie high yield europee offrono un potenziale di rialzo lievemente superiore ai titoli corporate investment grade.
Tuttavia, con i rendimenti su livelli estremamente contenuti in termini storici e i premi a termine globali così compressi, il rischio di una correzione incombe innegabilmente sui mercati obbligazionari. Per il momento permangono alcuni supporti strutturali, ma se i rendimenti si muoveranno al rialzo, è più probabile che lo facciano in Europa.
Materie prime
Il rafforzamento del contesto macroeconomico ha sostenuto i mercati delle materie prime, e le dinamiche di domanda e offerta ancora favorevoli supportano gli incrementi di prezzo, tuttavia continuiamo a monitorare alcuni fattori. Poiché l’energia è parte di ogni catena produttiva, la destabilizzazione in Medio Oriente sarà un elemento chiave da controllare, come pure gli sviluppi politici in Cina, dove il governo ha spostato la sua attenzione sulle politiche ambientali (usate come mezzo per affrontare i problemi di capacità in eccesso in alcune industrie pesanti, quali quelle dell’acciaio e dell’alluminio).
Piuttosto che potenziare la produzione a seguito dell’aumento della domanda, le società stanno razionando le forniture e restituendo capitali agli azionisti mediante riacquisti azionari e dividendi. Una brusca risalita del petrolio potrebbe far deragliare l’attuale traiettoria, ma il contesto macroeconomico – con una forte crescita negli USA e condizioni favorevoli in Cina e nei mercati emergenti – dovrebbe sostenere i prezzi delle materie prime nel 2018.
Occhi puntati sui fattori di rischio in grado di destabilizzare i mercati nel 2018.
Regno Unito e Brexit
Gli utili delle società britanniche hanno deluso e l’economia interna rallenta a causa dell’incertezza causata dalla Brexit, che preoccupa non solo le aziende locali ma anche quelle che investono nel Regno Unito. Se il negoziato sugli scambi commerciali dovesse avanzare in maniera costruttiva, potrebbe emergere un quadro più certo entro il quale società e investitori potrebbero prendere decisioni riguardo al futuro. Per il momento, l’attività nel Regno Unito rallenta e un’eventuale “hard Brexit” potrebbe dar luogo a turbolenze geopolitiche nelle economie e nei mercati di tutto il mondo.
Essendo un importante driver dell’economia britannica, la reazione dei consumatori all’uscita del paese dall’UE rivestirà un ruolo significativo. Considerato anche il tono più restrittivo adottato dalla Bank of England, le intenzioni di spesa dei consumatori potrebbero risultare moderate nel 2018. Anche se le azioni britanniche appaiono convenienti in termini di valutazioni, la dinamica degli utili le rende meno interessanti rispetto ad altri mercati e un grave shock legato alla Brexit le priverebbe di qualsiasi attrattiva.
InstabilitĂ politica in Europa
Il sostegno ai partiti populisti europei nel 2017 è risultato inferiore alle attese del mercato, tuttavia il rischio di instabilità politica in Europa permane. La situazione in Catalogna potrebbe ancora minare la coesione europea in futuro. In Germania non è ancora emerso un governo coeso e le imminenti elezioni in Italia potrebbero sfociare in uno spostamento a favore della destra populista. Pertanto, benché i mercati al momento si mostrino ottimisti rispetto a tali eventi, questi ultimi potrebbero inficiare la coesione osservata in Europa nell’ultimo anno.
Riforme USA e relazioni internazionali
Le azioni del Presidente Trump rivestiranno ovviamente una grande importanza per i mercati. Fino a questo momento, il magnate non è riuscito a implementare nessuna delle sue proposte legislative, e alcune – come le restrizioni commerciali e la costruzione del muro al confine con il Messico – sono completamente cadute. La riforma della fiscalità è ancora sul tavolo, ma se non dovesse essere attuata gli utili e la crescita statunitensi ne risentiranno. Ciò detto, riteniamo che il successo di un pacchetto fiscale sarebbe probabilmente accompagnato da un modesto aumento dei prezzi nel breve termine, grosso modo equiparabile alle difficoltà che creerebbe la mancata implementazione di tale legislazione.
A livello geopolitico, i rapporti tra Stati Uniti e Corea del Nord, Cina e Messico potrebbero avere ripercussioni sui mercati. Finora, le relazioni tra gli USA e la Corea del Nord non sono andate oltre l’escalation verbale, e anche le restrizioni al commercio paventate con il Messico e le conseguenti tensioni lungo la catena di produzione non si sono tradotte in vere proposte politiche. I rapporti diplomatici tra Washington e Pechino sembrano essersi rafforzati rispetto a un anno fa, ma un loro eventuale deterioramento potrebbe avere un impatto negativo sui mercati. Anche se per gli investitori è difficile inglobare nei prezzi questi fattori di rischio, come accade con qualsiasi “incognita geopolitica”, essi vanno comunque monitorati con attenzione.
Potenziale shock inflazionistico
Nonostante livelli prossimi alla piena occupazione, in quasi tutte le principali economie sviluppate le pressioni inflazionistiche sono ormai assenti da qualche tempo. Negli Stati Uniti, ciò è dovuto in parte all’apprezzamento del dollaro dopo l’elezione di Trump e alla delusione per la mancata implementazione delle politiche promesse. Più in generale, le aspettative d’inflazione restano contenute nei mercati sviluppati per effetto di fattori sia a breve che a lungo termine, quali i prezzi delle materie prime, i tassi di cambio, l’impatto delle nuove tecnologie e la stessa globalizzazione, che ha frenato la crescita dei salari in un mercato del lavoro globale sempre più competitivo.
Ciò significa che le politiche monetarie sono rimaste accomodanti, sostenendo le attività rischiose. Con i tassi globali già prossimi allo zero, uno shock inflazionistico lascerebbe un esiguo margine di manovra alle banche centrali per introdurre nuovi stimoli, con effetti destabilizzanti sui mercati.
Rischio di valutazione nel credito
Siamo più vicini alla fine del ciclo del credito che al suo inizio; in questa fase cresce il rischio di insolvenze poiché le società aumentano l’indebitamento ed effettuano attività di fine ciclo come le operazioni di fusione e acquisizione e i riacquisti di azioni proprie. Questo approccio potrebbe favorire le azioni ma compromettere le valutazioni dei titoli di credito e destabilizzare i mercati. Le valutazioni dei titoli di credito appaiono molto più elevate rispetto alle controparti azionarie, e ciò vale soprattutto per le obbligazioni high yield. Di fatto, diventa sempre più difficile pensare in questi termini visti i livelli a cui sono scesi i rendimenti.
Il mercato obbligazionario resta per noi un’area sotto osservazione, sebbene non crediamo che il 2018 sarà un anno di turbolenze. Ciò è dovuto in parte alle modeste aspettative inflazionistiche e alle scarse probabilità di un aggressivo inasprimento coordinato delle politiche monetarie globali l’anno prossimo. Più in generale, la domanda di fonti di rendimento di qualità elevata rimane sostenuta.
Rallentamento in Cina
Viste le dimensioni della sua economia, la Cina rappresenta probabilmente il rischio principale per i mercati globali e ha costituito una fonte primaria di volatilità negli ultimi anni. Eppure, la crescita economica nella regione si mantiene stabile (procedendo a un ritmo più lento e sostenibile), il reddito disponibile è in aumento a un massimo biennale (imprimendo slancio ai consumi, che sono la componente principale dell’espansione del PIL), gli utili delle industrie nazionali registrano un forte incremento e i deflussi di investimenti sono diminuiti in quanto gli investitori domestici hanno raccolto il testimone.
La Cina e i suoi investitori sembrano aver accettato l’esigenza del paese di riequilibrare la sua economia. Tuttavia, non sarà un cammino privo di ostacoli. Rileviamo ad esempio che, sebbene sia le esportazioni che le importazioni complessive siano in sostanziale aumento, l’avanzo delle partite correnti è in contrazione. La Cina, inoltre, si destreggia da qualche tempo con il paradosso di voler perseguire simultaneamente un tasso di cambio controllato, la libera circolazione dei capitali e una politica monetaria indipendente, ovvero il suo “trilemma”. Alcuni punti critici possono far sì che ciò assuma crescente rilievo nei prossimi cinque anni, ma non crediamo che si tratti di un rischio a breve termine.
Conclusione
In conclusione, il contesto macroeconomico è estremamente favorevole per le azioni e nel 2018 prevediamo un moderato rialzo delle quotazioni sospinto dalla persistente solidità dei fondamentali e della crescita degli utili. Nei mercati del credito, d’altro canto, il potenziale di rialzo appare limitato a causa delle valutazioni eccessive, ma ciò non significa che gli investitori debbano evitare del tutto questa classe di attività .
Mancando la prospettiva di un inasprimento monetario o di modifiche fiscali su larga scala, Asia, Giappone ed Europa sembrano attualmente le aree migliori per assumere un’esposizione ciclica all’espansione globale. Tuttavia, alla luce dei rischi geopolitici ed economici all’orizzonte, nel 2018 ci sarà bisogno delle competenze dei gestori attivi per amministrare i portafogli con prudenza e individuare le opportunità d’investimento che generano rendimenti costanti.