Da domenica i 164 membri del WTO sono riuniti per la loro 11esima conferenza ministeriale e c’è un dossier in particolare che pesa come un’ombra scura sul tavolo dei colloqui. Non è più il Ciclo di Doha, un ciclo di trattative avviato nel 2011 e ormai quasi defunto, a preoccupare i partecipanti, bensì la strategia del presidente americano, la cui agenda politico economica è di stampo protezionista.
Washington intende paralizzare il meccanismo che regola le vertenze internazionali, colpendo al cuore l’organismo di conciliazion, una corte composta da sette giudici che viene ritenuta il gioiello del WTO. Si tratta di un’istituzione fondamentale per la credibilità dell’organizzazione ginevrina.
Permette infatti ai paesi membri di contestare le pratiche commerciali contrarie al WTO. È grazie alle vertenze legali pacifiche di questa corte che è possibile scongiurare guerre commerciali di ampia scala. Le minacce di Donald Trump contro l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) non sono passate inosservate e non lasciano certo indifferente la comunità internazionale.
Per Trump WTO non può nulla davanti a minacce Cina
Con il suo ruolo pacificatore il WTO ha contribuito a impedire un ritorno in auge possibilmente nocivo del protezionismo dopo la crisi finanziaria del 2008. Ma Donald Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti “non sono trattati in modo corretto dal WTO”. A guidare la battaglia del presidente americano è Robert Lighthizer, rappresentante Usa per il Commercio.
Durante la sua carriera, iniziata ai tempi di Ronald Reagan, il capo americano dei negoziati, che ha preso il posto di Michael Froman, ha sempre difeso le imprese siderurgiche che importano acciaio. Il colmo è che 17 anni fa, nel 2000, lo stesso Lighthizer è stato candidato al posto di giudice dell’organo di risoluzione delle controversie, ma l’amministrazione statunitense dell’epoca – sotto Bill Clinton – gli ha preferito una donna.
Oggi difende la posizione nazionalista e pro aziende americane di Trump che va sotto lo slogan di “America First“, che ha già portato gli Usa a promuovere l’uscita dall’accordo di libero scambio con Messico e Canada e dal dossier del TPP, il trattato di libero scambio dell’area del trans-pacifico analogo al controverso TTIP.
Secondo Lighthizer, che vorrebbe tornare al regime degli accordi generali sulle Tariffe e il Commercio (General Agreement on Tariffs and Trade, GATT) che permetteva a uno Stato membro di bloccare in maniera unilaterale una decisione ritenuta contraria ai propri interessi, il WTO non ha le armi per fronteggiare la Cina, che rivendica ormai lo status di economia di mercato. Il meccanismo delle vertenze attuale penalizza troppo gli Stati Uniti”.
Rimane da vedere se gli Usa hanno sul serio intenzione di distruggere del tutto l’organo di conciliazione, un evento che si tradurrebbe di fatto nella morte della stessa WTO, oppure se invece si tratta di una strategia diplomatica dell’escalation. Quello che si sa è che la posizione di Trump e di Lighthizer non è condivisa da tutti i membri dell’amministrazione, la cui posizione si può considerare ambigua viste le opinioni divergenti all’interno.
La Commissaria europea al Commercio Cecilia Malmström è più critica, preoccupata del fatto che l’approccio americano rischia di “uccidere il WTO dal suo interno”. È il momento più difficile per l’Organizzazione Mondiale del Commrcio da quando è stata creata, sia sul livello del multilateralismo che su quello del commercio internazionale.