Finora non sono pochi quelli che hanno avvicinato il Bitcoin più a una riserva di valore che non ad una moneta vera e propria. Il Bitcoin, in questa interpretazione, assomiglierebbe più all’oro, che non all’euro e al dollaro. Non solo perché il crescente volume di acquisti sembra motivato solo dal valore atteso del Bitcoin e non dall’esigenza di utilizzarlo concretamente per gli scambi, ma anche perché l’offerta del Bitcoin non è decisa politicamente. Quella di euro e dollari, in una certa misura, sì (nonostante l’indipendenza delle Banche centrali che, in caso di emergenza, ha dimostrato di piegarsi a esigenze nazionali).
Il Bitcoin si “estrae” con un processo noto come mining, che sin dal nome fa pensare a un rinvenimento difficoltoso. La creazione di Bitcoin necessita della risoluzione di calcoli matematici sempre più complessi. Il dispendio energetico delle macchine impiegate in questo lavoro di risoluzione cresce di pari passo. Più alti sono il successo e la diffusione del Bitcoin, maggiore è la difficoltà della sua estrazione che richiede quantità d’energia sempre più grandi. Il sistema è programmato per diventare sempre più complesso.
È stato calcolato che il consumo energetico collegato al Bitcoin, su scala annua, arriverebbe a 32 terawattora: circa quanto consuma la Serbia in elettricità ogni anno e superiore al consumo della maggioranza delle nazioni africane. Oltre al mining, lo stesso costo delle transazioni in Bitcoin sono molto più dispendiose in termini energetici di altre alternative come un trasferimento di denaro tramite il circuito Visa (che consumerebbe 4000 volte meno per transazione).
Come mai il sistema è così poco efficiente sotto il profilo energetico? Alla base, c’è la natura decentralizzata di questa moneta. Una spiegazione è stata fornita dal ricercatore ambientale Sebastiaan Deetman su Motherboard: “Le transazioni di Bitcoin sono convalidate ed elaborate da una rete decentralizzata di volontari, che di solito ospita hardware dedicato per eseguire calcoli, chiamati hash “, e questi calcoli hanno lo scopo di trovare soluzioni a un complesso algoritmo matematico. Il volontario che risolve il problema riceve nuovi Bitcoin e commissioni di transazione come ricompensa. Ovviamente, i computer impiegati nel mondo per svolgere queste operazioni consumano energia.
Ciononostante, è bene precisarlo, tale difficoltà di “estrazione” ci dice molto sul decollo del Bitcoin: se la creazione di moneta ha dei limiti oggettivi che non possono essere cambiati a piacimento, è possibile prevedere che l’offerta di criptovaluta resterà controllata. Se, contemporaneamente, il suo utilizzo tende a crescere, il suo prezzo dovrà necessariamente salire. Anche se non lo farà di certo all’infinito. La maggioranza degli analisti intravede, prima o dopo, una forte correzione che potrebbe cancellare parte dell’euforia di questi mesi.