Svolta epocale nel trattamento fiscale dei giganti Internet. Si parte da Facebook che, da ora in poi, pagherà le tasse nei singoli paesi in cui realizza ricavi pubblicitari e, quindi, non solo a Dublino, dove la società ha la sede principale in Europa.
E’ la conseguenza dell’annuncio del gruppo fondato da Mark Zuckerberg, secondo cui i ricavi pubblicitari saranno contabilizzati dai team locali. La piattaforma di Zuckerberg passa quindi a una “struttura di vendita locale” nei Paesi in cui è presente un ufficio che fornisce supporto alle vendite nei confronti degli inserzionisti.
A monte della decisione c’è il pressing, sempre più forte negli ultimi tempi, fatto da molti Governi per una tassazione dei giganti del web.
“Riteniamo che il passaggio a una struttura di vendita locale fornirà maggiore trasparenza ai Governi e ai policy maker di tutto il mondo che hanno chiesto una maggiore visibilità sui ricavi associati alle vendite che vengono supportate localmente nei rispettivi paesi”, ha dichiarato Dave Wehner, direttore finanziario di Facebook. “Ogni Paese è unico e vogliamo essere sicuri di realizzare questo cambiamento in modo corretto – ha spiegato Wehner – Si tratta di un grande impegno, che richiederà risorse significative per poter essere attuato in tutto il mondo. Introdurremo, il più rapidamente possibile, nuovi sistemi e modalità di fatturazione per garantire una transizione agevole alla nostra nuova struttura”.
Il nuovo regime fiscale entrerà in vigore già dai primi mesi del 2018 e sarà completato entro la prima metà del 2019. Il cambiamento globale quindi riguarderà anche l’Italia, dove, a quanto si apprende, inizierà già nella prima metà dell’anno prossimo
Secondo uno studio di R&S Mediobanca tra il 2012 e il 2016, i colossi della Internet economy hanno pagato 46 miliardi di tasse in meno grazie al ricorso alla tassazione in paradisi fiscali e ai vari sistemi di elusione fiscale. Un risparmio di 11,5 miliardi nel solo 2016. Nell’indagine recente su “Software & web companies”, che ha analizzato i bilanci di 21 delle principali multinazionali del web, si è inoltre rilevato che, lo scorso anno, quasi i due terzi dell’utile ante imposte è tassato in paesi dove la pressione fiscale è inferiore rispetto al paese in cui i gruppi hanno sede.