Le disposizioni che riguardano la trasparenza dei costi della consulenza finanziaria sono una delle novità principali della MiFID II. Secondo Paolo Galvani, Co-fondatore e Presidente di Moneyfarm, “la norma prova a porre fine alla particolarità che da sempre caratterizza l’industria del risparmio gestito, anche e soprattutto in Italia. Quest’industria, infatti, è rimasta tra le poche in cui i fornitori di servizi possono celare dietro strutture commissionali complesse e articolate i costi che addebitano ai clienti. Finalmente i risparmiatori sapranno quanto stanno pagando e per cosa esattamente”.
“Soprattutto sarà loro chiara la differenza tra costi di gestione e costi di distribuzione, due voci da sempre indebitamente accorpate che hanno ampiamente facilitato dinamiche di conflitto di interesse. Crediamo, beninteso, che la consulenza indipendente resti la migliore garanzia per i risparmiatori; tuttavia, a prescindere dal modello di distribuzione, crediamo anche che porre fine a questa asimmetria informativa sia un passo necessario per permettere al mercato dei servizi finanziari di aumentare i suoi standard qualitativi attraverso il meccanismo virtuoso della libera concorrenza. A beneficiarne saranno i risparmiatori.”
Quindi cosa prevede la MiFID II riguardo trasparenza e costi della consulenza? Innanzitutto, gli intermediari saranno obbligati a esplicitare tutti i costi in valore assoluto e non solo in termini percentuali. La maggior parte delle ricerche hanno infatti dimostrato che gli investitori al dettaglio comprendono più facilmente valori monetari che percentuali. Talvolta, inoltre, piccole differenze dei costi espressi in percentuale possono tradursi in grandi differenze in termini assoluti. Si aggiunga poi che i costi dovranno essere comunicati in modo esplicito e distinti in tutte le loro varie voci: costi del servizio, costi associati al prodotto e commissioni di retrocessione (inducements). Moneyfarm ha realizzato una guida completa ai cambiamenti introdotti dalla nuova normativa, scaricabile qui: http://blog.moneyfarm.com/it/ebooks/mifid-II/.
La trasparenza della comunicazione dovrà riguardare tutte le fasi del rapporto tra intermediario e investitore, per questo la nuova normativa prevede vari livelli di obblighi informativi più stringenti: questa è chiaramente una diretta conseguenza dell’evoluzione dei mercati e dei prodotti a essi associati, caratterizzati da una composizione sempre più complessa che ha strutture di costo opache. La MiFID II distingue a tal proposito tre diversi tipi di informative:
- Informativa ex-ante, che comunica tutti i costi secondo i nuovi standard prima di accedere al servizio. In questa informativa sarà anche necessario indicare in modo dettagliato tutti gli aspetti relativi all’ampiezza dell’offerta e alla frequenza con cui l’intermediario opererà valutazioni di adeguatezza dei prodotti. Vi si specificherà, inoltre, se la consulenza viene effettuata su base indipendente o meno. L’investitore dovrà disporre di un quadro chiaro circa le sedi di esecuzione degli ordini, le strategie di investimento consigliate, il perimetro di azione dell’intermediario e dei servizi offerti, oltre a informazioni specifiche sui prodotti proposti.
- Informativa una tantum, a discrezione e su richiesta specifica del cliente.
- Informativa ex-post, a cadenza almeno annuale, con il dettaglio dei costi sostenuti relativamente ai singoli prodotti e al portafoglio complessivo. Su richiesta del cliente il gestore dovrà quindi mostrare anche in forma analitica l’incidenza del costo sostenuto sul rendimento effettivo.
Un’altra novità è quella che obbliga gli intermediari a inviare almeno trimestralmente comunicazioni che includano il dettaglio degli strumenti su cui effettuano l’investimento. Dovranno inoltre fornire segnalazioni ad hoc in caso di scarsa liquidità di un titolo, oltre a informazioni specifiche sulle soglie di perdita (come da indicazioni dell’Esma) e sull’eventuale effetto leva.
È richiesto inoltre che i costi di ricerca vengano scorporati dal costo di esecuzione delle transazioni. I costi di ricerca potranno essere addebitati solo qualora sia definito in anticipo un budget. Fino a oggi venivano indirettamente inclusi nel costo di gestione, d’ora in poi sarà invece necessario dichiarare in anticipo chi dovrà farsi carico di queste spese.
I costi di negoziazione (switch) saranno da giustificare con una valutazione costi/benefici per il cliente. Lo switch corrisponde alla vendita di uno strumento e al contestuale acquisto di un altro (non soltanto il passaggio da un comparto a un altro dello stesso prodotto). Per giustificare lo switch, il distributore dovrà dimostrare che i benefici del cambiamento sono superiori ai costi associati, anche attraverso la comparazione con prodotti equivalenti.
Cosa cambierà esattamente?
L’obbligo di indicare tutti i costi associati allo strumento e al servizio potrebbe impattare sui ricavi dei maggiori player domestici non indipendenti e determinare un aumento dei costi da sostenere per far fronte alle crescenti richieste di dati per finalità di reporting ex-ante, ex-post e su richiesta del cliente. Il seguente schema riassume i costi complessivi da indicare in modo esplicito, che non saranno più celati dietro il Nav dello strumento, che finora ha incluso anche costi difficilmente giustificabili (almeno in certi casi). Da gennaio ogni singola componente di costo dovrà essere dettagliata.
Per fronteggiare il probabile flusso in entrata di spiegazioni richieste al personale a diretto contatto con la clientela, potrebbero essere previsti costi ulteriori. È quindi probabile che i consulenti (indipendenti e non) si troveranno nella condizione di giustificare i maggiori costi addebitati ai loro clienti e dovranno quindi cercare di sfruttare a proprio favore la frequente attività di reporting e la ricerca interna. Saranno plausibilmente previsti report su base trimestrale per un target di clientela medio/alto, mentre ci aspettiamo modifiche di scarso rilievo per la tipologia di investitore con un profilo patrimoniale più basso.
Quali saranno i cambiamenti per i risparmiatori?
Per rendere l’idea di quale potrebbe essere lo scenario per i risparmiatori, abbiamo ipotizzato due esempi, uno riguardante l’investimento in un singolo strumento (con un importo iniziale di €6016,6) e l’altro riguardante un portafoglio di differenti strumenti finanziari (in questo caso con un importo complessivo iniziale di €50.296,8). Si può facilmente notare come ogni singola voce di costo sia opportunamente esplicitata sia in termini nominali che percentuali. Questo dovrebbe accrescere la consapevolezza dell’investitore rispetto ai costi sostenuti per l’investimento finanziario.