Ammonta a 93,2 miliardi di euro l’evasione in Italia imputabile alle imprese e alle partite Iva. Lo sostiene la Cgia di Mestre.
In altre parole, l’incidenza dell’evasione attribuibile alle aziende sul totale del valore aggiunto prodotto dall’economia non osservata (207,5 miliardi nel 2015, ultimo dato disponibile) è pari al 44,9 per cento. Un altro 37,3 per cento dell’evasione è riconducibile al lavoro irregolare (pari ad un valore aggiunto di 77,4 miliardi) e, infine, un ulteriore 17,8 per cento è ascrivibile alle attività illegali e ai fitti in nero (36,9 miliardi).
A livello geografico la zona che registra la percentuale di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato più elevata d’Italia è il Mezzogiorno (7,6 per cento). Seguono il Centro (6,5 per cento), il Nordest (6 per cento) e il Nordovest (5,4 per cento).
A livello regionale, invece, è il Molise la regione con la quota più elevata (8,4 per cento), seguono l’Umbria, Marche e Puglia (8,3 per cento), Campania (7,7 per cento), Abruzzo e Calabria (7,6 per cento) e Sicilia e Toscana (7,3 per cento). Diversamente, il Friuli Venezia Giulia (5,8 per cento), il Lazio (5,3 per cento), la Lombardia (5 per cento), la provincia autonoma di Trento (4,9 per cento) e quella di Bolzano (3,9 per cento) sono i territori che presentano un rischio evasione più contenuto.
Nella quota strettamente in capo alle aziende, il macro settore con la maggiore propensione all’evasione è quello dei servizi professionali (attività legali e di contabilità, attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale, studi di architettura e di ingegneria, collaudi e analisi tecniche, altre attività professionali, scientifiche e tecniche e servizi veterinari).
“Per combattere questa piaga sociale ed economica – asserisce il coordinatore dell’Ufficio studi dell’associazione artigiani e piccole imprese Paolo Zabeo – la strada da percorrere è una sola: ridurre il peso del prelievo fiscale e rimuovere i numerosi ostacoli burocratici che condizionano, di fatto, coloro che ogni giorno fanno impresa. In altre parole: pagare meno per pagare tutti. Ovviamente gli evasori seriali vanno perseguiti e messi nelle condizioni di non farlo più, ma attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio. Purtroppo, esiste anche un’evasione di sopravvivenza, decisamente aumentata con la crisi, per cui non pagare le imposte ha consentito in questi ultimi anni la salvaguardia della continuità aziendale e dei posti di lavoro”.