I dati parlano chiaro. Come riporta il Sole 24 Ore, siamo oppressi da una montagna di 233mila miliardi di dollari dei quali ben 163mila (70%) creati a partire dal 1997. I debiti, si sa, vanno rimborsati in futuro e se è vero che, come riporta l’articolo,
“L’economia mondiale nel suo insieme ha beneficiato di un effetto ‘moltiplicatore’ dato che il debito creato negli ultimi mesi ha generato crescita (Pil) in misura più che proporzionale“
è anche vero che
“La montagna di debito su cui poggia l’attuale ciclo di espansione economica… rende il sistema meno efficiente perché mantiene in vita tutti i debitori fragili i quali, non avendo di che preoccuparsi per il rimborso dei loro debiti, possono permettersi di mantenere la loro struttura inefficiente. E vulnerabile.”
Quindi non è detto che questi debitori saranno in grado di restituire il debito. Perché allora mantenerli in vita?
Il debito appare erroneamente a molte aziende, stati e famiglie come la soluzione di tanti problemi, ma ha un piccolo difetto: deve essere rimborsato. Ciò è possibile solo se in futuro si generano le risorse necessarie per pagare gli interessi e il capitale altrimenti diventa insostenibile.
Dunque un debito è “buono” se contribuisce a far crescere le risorse del debitore, in tutti gli altri casi è “cattivo”. Purtroppo chi fornisce risorse a debito, i creditori a vario titolo, non sembrano avere il minimo interesse nel verificare la bontà, da questo punto di vista, del credito concesso. Che il debitore alla fine del “ciclo” del debito, ovvero dopo aver pagato il capitale e gli interessi, stia meglio o peggio di prima non frega proprio niente a nessuno, come dimostrano le cifre di cui sopra.
È come se la finanza che fornisce debito fosse un venditore di morfina: che serva a superare i dolori post operatori, e dunque a star meglio prima, o affrontare uno stato di malessere psicologico, che farà stare peggio, non è di loro interesse. L’importante è che il soggetto abbia le capacità di pagarsela.
E oggi che si parla tanto di finanza “sostenibile” in termini di ESG (Environmental, Social, Governance), è davvero paradossale che non ci si preoccupi prioritariamente di questo aspetto che tanti danni può portare all’ “ecosistema” di business (ad esempio in caso di fallimento di un debitore azienda vi saranno licenziamenti, danni ai fornitori e clienti, sofferenze bancarie, ecc.).
Il vero debito buono è quello che serve a finanziare un progetto di qualità che abbia lo scopo di aumentare le risorse del debitore, una volta realizzato. Purtroppo ad oggi non esiste, da parte del mondo finanziario (banche comprese), né l’attenzione a questo dimensione (la qualità dei progetti) né le capacità e gli strumenti per valutarli.
Allora il primo passo è quello di partire da qui: debito sì, ma per farci cosa? E, successivamente, come si fa a valutare la qualità di questo “cosa”?