Secondo Morgan Stanley la fase rialzista delle Borse è entrata nel suo stadio conclusivo. I listini azionari sono ancora in un momento di euforia, con le condizioni economiche “riccioli d’oro” (caratterizzate da una crescita coordinata su scala mondiale in concomitanza con un’inflazione bassa) che continuano a sostenere gli acquisti.
Il problema, tuttavia, come ha sottolineato Bill Blain in una nota pubblicata di recente, è che ci sono troppo investitori esposti in pochi asset e questo non promette bene per le Borse, che per Mike Wilson, analista dell’azionario Usa per Morgan Stanley, hanno raggiunto il picco degli otto anni e mezzo ormai di mercato rialzista.
L’analista della banca americana scrive in una nota ai clienti che difficilmente le condizioni finanziarie ottimali dureranno e che anzi stanno peggiorando e che la maxi riforma fiscale Usa sia già scontata nei prezzi di mercato (vedi grafico più sotto). A dicembre aveva ricordato che l’euforia dei trader è sempre stata una componente della fine dei cicli di mercato rialzista.
Quando gli investitori iniziano a sentirsi invincibili, non succedono cose positive, osserva Wilson. L’euforia dei mercati come quella in cui troviamo al momento segna spesso l’inizio della fine della fase rialzista. I prezzi sopravvalutati e la crescita degli utili societari che dovrebbe prendersi una pausa nei primi sei mesi dell’anno, dovrebbe invitare alla cautela, secondo la banca.
Luke Kawa di Bloomberg ha calcolato che diversi indici di mercato principali sono saliti su livelli cosiddetti di ipercomprato. Tra questi l’indice S&P 500, il paniere MSCI della regione Asia Pacifico, il listino dell’azionario mondiale MSCI, il Nikkei giapponese e l’indice MSCI dei mercati emergenti. Quanto all’indice paneuropeo EuroStoxx 600, è a pochi passi dal traguardo.
Più ottimisti invece gli analisti di Citigroup, secondo i quali è ancora presto per un ripiegamento dei listini azionari. Ci sono poche chance che le Borse entrino in una fase ribassista, se ci si rifà alla “Bear Market Checklist” della banca Usa, la quale evidenzia come soltanto 3,5 indici su 18 mandino un segnale di Sell.