Gli attuali eccessi sui mercati sono qualcosa che non si è mai visto prima d’ora. A dirlo è David Rosenberg, economista di Gluskin Sheff, che sottolinea come per esempio la crescita degli Stati Uniti sia dipendente più che mai dall’inflazione delle attività .
Le attività finanziarie comprendono il 70% del patrimonio familiare totale, una percentuale record. Alla fine degli Anni 60 (con le cinquanta società del Nyse Nifty Fifty prese di mira dalla speculazione) e alla fine degli Anni 90 (con la “tech mania”) questi eccessi non ebbero un lieto fine.
Secondo Rosenberg, il rapporto fra il reddito netto delle famiglie e il reddito disponibile è salito al 673%, superando la percentuale 652% registrata durante la bolla del 2007 e il 612% della bolla dot com del 1999. Nell’analisi dell’economista, siamo in una di quelle rare epoche in cui le attività finanziarie superano gli asset tangibili come gli immobili nel bilancio delle famiglie.
Le famiglie americane non hanno partecipato a questo ciclo tramite i classici fondi di investimento, ma lo hanno fatto tramite gli ETF passivi. La loro esposizione alle azioni è stata superata solo una volta, durante la bolla tecnologica della fine degli anni Novanta. La quota azionaria delle attività finanziarie statunitensi è ora maggiore del 36%, superando il picco del precedente ciclo (34% nel 2007).
“Abbiamo raggiunto picchi simili in passato poco prima di un punto di svolta”, sostiene Rosenberg, “e proprio in momenti in cui l’autocompiacimento degli investitori e il sentiment rialzista erano intorno a dove questi parametri sono oggi”.
L’economista richiama la regola numero 4 del veterano di Wall Street Bob Farrell, secondo cui i mercati in crescita esponenziale di solito vanno oltre quello che si pensa, ma non correggono andando di lato. Una volta che un trend finisce, “la correzione tende ad essere violenta”, avvisa Rosenberg.