Cosa accadrà quando verranno a mancare i due mila miliardi di dollari di denaro che le banche centrali hanno iniettato nel sistema finanziario nel 2017? Citigroup ha provato a fare qualche ipotesi, partendo dal presupposto che gli attivi e i titoli dell’azionario iscritti nel bilancio di Bce, Fed, Banca del Giappone e Banca d’Inghilterra dovrebbero essere azzerati nel giro di un anno o poco più. Il risultato è che le Borse rischiano di vedere dimezzata la loro capitalizzazione.
L’impatto che avranno sui mercati i piani di uscita dalle misure di stimolo monetario è un aspetto fondamentale, perché storicamente la performance degli asset finanziari è sempre stata legata a filo stretto con l’espansione o il ridimensionamento dei bilanci delle banche centrali più grandi al mondo. In particolare quando si tratta di una fase positiva dei listini azionari.
La grande domanda a cui gli investitori cercheranno di dare una risposta nel 2018 è se lo stesso si può dire anche per le fasi negative, ovvero se le Borse subiranno una contrazione in linea con la riduzione dei piani di acquisto di asset sui mercati da parte delle banche centrali mondiali.
Per quanto riguarda il mercato del credito la risposta sembra essere affermativa. Come si vede bene nel grafico sotto riportato gli spread creditizi si stanno ampliano negli ultimi giorni, in particolare per via delle variazioni nel mercato obbligazionario. Il rendimento a 5 anni dei Bund tedeschi è ritornato sopra la parità, mentre i titoli di Stato Usa continuano la loro fase no con i tassi a 10 anni che hanno superato la soglia del 2,63%.
Se l’estrapolazione dei dati e i calcoli effettuati da Citigroup si riveleranno corretti, e storicamente sinora è stato così, significa che, a causa delle operazioni di riduzione dei bilanci e di rientro dalle politiche monetarie ultra accomodanti, entro metà 2019 l’azionario rischia di perdere metà del suo valore.
Motivo per cui si può affermare che questa potrebbe essere la volta buona in cui i rialzisti finiscono veramente per farsi male.