Da anni una serie di misure Ue sta contribuendo a smantellare il Made in Italy con normative che tolgono quote di mercato all’Italia; per ultimo, il regolamento europeo che di fatto legalizza il Made in Italy “tarocco”, mentre i nostri rappresentanti in Europa svolgono un ruolo passivo se non addirittura complice.
In difesa dell’interesse nazionale, però, arriva il Marchio Unico Nazionale (MUN). Vincitore del “Bando Industria 2015 del Ministero dello Sviluppo Economico – Obiettivo C: Programmi per la valorizzazione, promozione e tutela del Made in Italy lo sviluppo commerciale e il presidio strategico dei mercati”, il MUN cerca di valorizzare, promuovere, incentivare, mettere in rete e creare sinergie tra gli imprenditori italiani.
Questo, anche tramite “Italy Identify” e “Futuro Italia“, al fine di rivitalizzare un Made in Italy ormai al tracollo a causa delle normative comunitarie e dargli il peso/valore che merita.
Come dice Roberto Laurenzi, Presidente di “Futuro Italia“, nell’intervista rilasciataci:
“La nostra intenzione è quella di esprimere attraverso il MUN il vero concetto del Made in Italy, ovvero una filiera produttiva completamente italiana. Questo potrebbe portare al restauro dei distretti produttivi per far ripartire la piccolissima, piccola e media impresa (vero tessuto industriale italiano che è entrato crisi per svariati problemi) ed estendere la strategia oltre i confini nazionali tramite l’internazionalizzazione (quindi export da un lato, diffusione della conoscenza del marchio Made in Italy tramite presenza fisica nei Paesi esteri dall’altro).”
La tesi che circolava tra i Ministeri era orientata a non disdegnare la chiusura e il ridimensionamento del tessuto produttivo delle PMI e delle imprese artigiane in quanto si riteneva che tanto avrebbe favorito la crescita delle grandi imprese. Tutti i trattati commerciali messi in atto sono infatti basati su caratteristiche di grandi imprese, mondo che non appartiene alle peculiarità del tessuto industriale italiano e altro non hanno fatto se non regalare quote di mercato ai Paesi esteri, proprio perché già pronte per quel tipo di industria, a discapito dell’Italia.
Continua poi il Presidente di Futuro Italia:
“La percezione che hanno all’estero del Made in Italy è elevatissima e sinonimo di alta qualità; l’intenzione è quindi quella di creare un marchio che tuteli il consumatore attestando la vera e totale italianità del prodotto da un lato, ridando lavoro e speranza alle nostre imprese ed ai nostri cittadini dall’altro”.
Le imprese possono fare richiesta del MUN e quindi assoggettarsi ad un processo di certificazione che viene curato dall’Organismo di Certificazione “3A-PTA Parco Tecnologico Agroalimentare della Regione Umbria” (organismo operante in tutti i settori ma fortemente specializzato in ambito agroalimentare). La Certificazione è particolarmente restrittiva oltre che costruita per corrispondere alle norme nazionali, europee ed internazionali, comprese quelle Usa per le quali la FDA, l’ente americano che si occupa della regolamentazione di cibo e medicinali, è particolarmente attenta.
La certificazione ha validità biennale. Oltre al rinnovo, sono previsti un controllo annuale e delle visite ispettive non programmate. Le imprese, inoltre, accettano il ricorso alla class action da parte delle altre in caso di violazioni gravi di cui si dimostri l’oggettiva volontà fraudolenta.
Conclude infine il Dott. Laurenzi:
“La strategia sta prendendo piede con ottimi risultati: abbiamo recentemente incontrato due delegazioni cinesi che hanno particolarmente ben gradito l’introduzione del MUN offrendoci a condizioni decisamente vantaggiose spazi per la realizzazione dei primi due Italy Identify Store, di cui uno a Changsha con una superficie di base di 600 mq ed uno a Shanghai di 1400 mq in area ancor più strategica; il terzo invece è in fase di apertura nel centro di Varsavia. Va da sé che l’export, dovendo rispondere alla totale italianità delle filiera produttiva, aumenterà l’indotto e i posti di lavoro in Italia.”