Gli investitori che stanno vendendo titoli azionari “stanno commettendo un grosso errore” secondo Donald Trump. In un tweet il presidente Usa ha espresso il suo disappunto per quanto avvenuto sul fronte delle Borse dalla fine della scorsa settimana. Il paradosso è che Trump cita le buone notizie economiche tra i motivi per cui i cali sono ingiustificati, quando queste sono tra le ragioni principali dietro ai tracolli delle Borse.
A dare la stura alle vendite è stato non a caso il rialzo dei salari orari del 2,9% su base annuale certificato in gennaio dal report occupazionale governativo, pubblicato venerdì, perché rende più probabile un surriscaldamento dell’inflazione e un ciclo di rialzo dei tassi di interesse più aggressivo da parte della Federal Reserve.
I cali repentini di Borsa sono interpretati da diversi gestori che sono intervenuti a ConsulenTia 2018 a Roma in questi giorni come un ripiegamento fisiologico in un contesto di aumento della volatilità quasi salutare, che potrebbe anche offrire qualche opportunità di guadagno in più.
Ma c’è anche chi, come l’economista e banchiere James Rickards, è convinto che “l’atterraggio non sarà morbido”. Da otto anni ormai i listini azionari scambiano in costante rialzo inanellando negli ultimi mesi record su record. La differenza quest’anno è che le banche centrali smetteranno lentamente di stampare denaro.
Il programma di Quantitative Easing della Bce si interrompe a settembre, ma la Federal Reserve dal canto suo ha già iniziato a ridurre il suo bilancio monstre da 4.500 miliardi di dollari. La settimana scorsa la banca centrale Usa lo ha ridotto di 22 miliardi, il taglio più ampio finora.
Entro la fine del 2018, se Jerome Powell seguirà la strategia avviata da chi l’ha preceduto, quella somma raggiungerà i 600 miliardi. Gli errori commessi da Ben Bernanke e Janet Yellen, criticati da Rickards per avere ripetuto gli stessi errori commessi da Alan Greenspan nel 2005-2006, potrebbero costare caro ai mercati.
Greenspan ha lasciato i tassi di interesse su livelli bassi troppo a lungo, alimentando una bolla nel mercato immobiliare residenziale che ha contribuito alla crisi finanziaria del 2008. La Bce e la Banca del Giappone, intanto, hanno smesso di espandere la durata o potenziare la gittata dei loro piani di acquisto di titoli sui mercati.
Tutte le banche centrali del mondo si apprestano ad alzare il costo del denaro, con Banca d’Inghilterra e Fed che stanno già implementando questi piani. Intanto le paure di un ritorno dell’inflazione in Usa sono state una delle cause del “fast crash“, come lo chiamano in America, dei mercati di venerdì e lunedì. Il Dow Jones ha perso l’8,5% dai massimi di sempre.
Ridurre le iniezioni di denaro e imporre strette monetarie viene considerata la corretta politica monetaria se l’inflazione è fuori controllo. Ma anche se i prezzi al consumo hanno iniziato a rimbalzare, l’inflazione è ancora tiepida. “A essersi gonfiati oltre misure non sono i prezzi al consumo bensì i prezzi delle asset class finanziarie”, ricorda Rickards.
Senza le misure di sostegno monetario straordinario delle banche centrali, il valore di azioni, bond e immobiliare è destinato a implodere. Il problema è che quando i mercati sono nel panico i cali possono sfuggire dal controllo e portare a una crisi di liquidità grave come quella visto nel 2008.