Perché l’Italia non cresce? Nel suo libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana”, l’economista Carlo Cottarelli cerca di rispondere a questa domanda. L’Italia ha ripreso a crescere, anche se a un ritmo inferiore rispetto agli altri Paesi europei, dopo un ventennio in cui il reddito procapite è rimasto sempre invariato in termini di potere d’acquisto. Evasione fiscale, corruzione, peso della burocrazia, giustizia lenta, crollo demografico, divario fra Sud Italia e resto del Paese sono i sei peccati capitali commessi dall’Italia.
Tutti peccati che hanno a che fare con la mancanza di capitale sociale e con l’abitudine degli italiani di essere “individualisti” e free rider. Il settimo peccato sarebbe la difficoltà a convivere con l’euro, a cui, secondo Cottarelli, siamo arrivati impreparati. Dal 1999 al 2008 i costi di produzione italiani sono aumentati più che in Germania ma con l’euro, non potendo più ricorrere alle svalutazioni, ci sarebbe stato bisogno di più disciplina. In questo modo l’Italia ha perso di competitività, a discapito delle nostre importazioni e degli investimenti.
Per recuperare bisogna che l’Italia diventi più efficiente e competitiva. E, scrive l’ex commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica sotto il governo Letta Cottarelli in un articolo su La Stampa, tornerà a esserlo se:
“Si riduce il peso della burocrazia, se il sistema giudiziario diventa più rapido, se la lotta all’evasione ci consente di ridurre la tassazione delle imprese che esportano (e che in generale pagano comunque le tasse), se riusciamo a liberarci dal peso della corruzione, consentendo alle imprese migliori di emergere” (…) se il Meridione diventa capace di attirare investimenti produttivi, se riusciamo a superare il crollo demografico”