TOKYO (WSI) – Oltre la metà delle aziende giapponesi non aumenterà i salari dei suoi dipendenti. In Giappone, l’aumento della retribuzione di base era stato praticamente congelato dall’inizio degli anni 2000 a causa della persistente deflazione. Ora il primo ministro nipponico Shinzo Abe ha chiesto una crescita salariale del 3% per contrastare la deflazione, ma il suo appello è caduto nel vuoto.
Negli ultimi quattro anni, le principali aziende del paese hanno accettato di aumentare i salari di circa il 2 per cento dopo estenuanti negoziati con i sindacati. Tuttavia, molte aziende sono diffidenti nell’aumentare i salari, dal momento che ciò li impegna ad aumentare i costi fissi del personale, e invece preferiscono pagare premi ai dipendenti una tantum. Secondo un’indagine mensile condotta da Reuters Corporate Survey, condotta tra il 31 gennaio e il 14 febbraio da Nikkei Research, poco meno della metà delle società giapponesi ha dichiarato che avrebbe aumentato i salari e l’aumento sarebbe stato simile al livello dello scorso anno di circa il 2%.
Di circa 240 aziende che hanno risposto, il 52% ha dichiarato che non avrebbero aumentato la retribuzione di base. Il restante 48% ha detto che intendeva aumentare lo stipendio base, ma il 76% di questo gruppo ha detto che l’aumento sarebbe stato lo stesso dell’anno scorso e solo il 10% se lo attende superiore. Il 52% (era il 61% nel precedente sondaggio mensile) però considera irrealistico il 3% d’aumento che secondo il primo ministro Shinzo Abe e la Keidanren (la Confindustria nipponica) sarebbe necessario per imprimere una spinta ai consumi e permettere al Sol Levante di uscire finalmente dalla fase deflazionistica.