Il conto alla rovescia per le elezioni politiche è iniziato, ma non sembra per il momento spaventare gran che i mercati italiani. A dirlo è Vontobel secondo cui dopo la tempesta il listino Ftse MIB scambia a sconto rispetto al rapporto tra prezzi di Borsa e utili aziendali stimati delle società quotate (rapporto P/E). Anche gli analisti di Janus Henderson Investors ritengono che “i rischi intorno alle elezioni italiane si siano dissipati in modo significativo”.
Tutto è diventato più sereno dopo che il leader del primo partito d’Italia, il Movimento Cinque Stelle, ha fatto sapere che “per l’Italia non è più il momento di uscire dall’euro”. Luigi di Maio guida un gruppo politico che è in testa in tutti gli ultimi sondaggi effettuati prima del voto. Sebbene la possibilità che il partito riesca ad ottenere la maggioranza viene ritenuta “remota” da analisti e politologi, secondo James de Bunsen, Portfolio Manager e Multi Asset Team di Janus Henderson, “c’è il rischio che un partito euroscettico finisca per rivestire un ruolo chiave nella politica italiana”.
“Qualora questa eventualità si concretizzasse, continua l’analista, “la sopravvivenza dell’unione monetaria nel lungo termine verrebbe ancora una volta messa in discussione“. Tale rischio sull’orizzonte temporale più lungo, magari l’anno prossimo quando non ci sarà più Mario Draghi al comando della Bce ad aiutare il suo paese indebitato, e un possibile scenario di parlamento ingovernabile e ritorno alle elezioni, potrebbe più avanti innervosire i mercati.
“Lo spauracchio è che dalle urne non esca una maggioranza chiara e operativa e che ciò possa compromettere il trend di crescita del paese”, dice Cassa Lombarda in un report di mercato. A questo riguardo, venerdì – l’ultima seduta prima del voto – “sarà reso noto il dato definitivo del Pil italiano del quarto trimestre e per l’intero 2017″.
Lo scenario attuale presuppone due rischi principali secondo Janus Henderson: “da un lato esiste la possibilità che non si formi un governo stabile (o a seguito di un voto inconcludente o come diretta conseguenza dell’incapacità di uno dei partiti leader di formare una coalizione), dall’altro che, in una coalizione governativa, primeggi la Lega Nord, un partito più controverso e orientato verso l’estrema destra”.
“Crediamo che il primo scenario non avrà un impatto significativo sui mercati, in quanto si tratta di un esito piuttosto “standard” delle elezioni italiane e dal momento che, recentemente, molti altri Paesi europei hanno funzionato perfettamente in mancanza di un governo, anche per lunghi periodi (tra questi la Germania, il Belgio e i Paesi Bassi ). Per quanto riguarda il secondo scenario, si tratta piuttosto di un’incognita. Tuttavia, nonostante una crescente propaganda elettorale nel sud del Paese, la base di consenso della Lega Nord resta abbastanza localizzata e riteniamo che il partito avrebbe solo un’influenza limitata all’interno di un’eventuale coalizione di destra”.
Lo strategist de Bunsen stima che i rischi reali per l’Italia siano incentrati piuttosto sul “rapporto tra il debito cronico e il PIL del Paese, su un’economia stagnante e su un settore bancario ancora instabile. La mancanza di un esecutivo forte – esito potenzialmente derivante da un risultato elettorale inconcludente- rende ancora meno probabile che tali questioni saranno affrontate con fermezza. Ad ogni modo, non crediamo che il risultato elettorale in sé e per sé farà precipitare i mercati, quanto più riteniamo che si registrerà una piccola ondata di volatilità a livello regionale.
Per la verità lato azionario più ancora che obbligazionario, dove lo Spread tra i rendimenti di Btp e Bund decennali si mantiene in area 140 punti base, un po’ di debolezza si è già manifestata. Niente di eclatante e, per il momento, possiamo dire che gli operatori stanno aspettano l’esito delle urne con una certa serenità.
Se non c’è troppa tensione è anche perché alle elezioni l’Italia arriva con dei “fondamentali molto più solidi rispetto al 2013 per esempio”, come ricorda Vontobel. Secondo la stima preliminare dell’Istat, il Pil nel 2017 è aumentato dell’1,5%, confermando l’accelerazione in atto dell’economia italiana. Guardando infatti la serie storica degli incrementi degli ultimi anni, emerge chiaramente che dopo un’inversione di tendenza a cavallo tra il 2013 e il 2014 il Pil è cresciuto dello 0,2% nel 2014, dello 0,9%* nel 2015 e dell’1,1% nel 2016 ed ora dell’1,5% nel 2017. “Si tratta della crescita più alta degli ultimi sette anni, ma ancora sotto i livelli pre-crisi”.
“Quello che potrebbe invece inclinare lo scenario sarà il post elezioni”, avverte Vontobel. Tra gli operatori infatti aleggia una certa apprensione circa la possibile reazione dei mercati in caso di esito non favorevole delle elezioni con uno scenario di ingovernabilità o un’eccessiva affermazione di forze populiste. Questo sì, potrebbe riaccendere la volatilità a Piazza Affari. Intanto dopo lo scivolone di febbraio il Ftse MIB tratta il P/E 2018 a 12,7 volte, con uno sconto di oltre il 27% sulla mediana storica degli ultimi 10 anni. Elemento che rende più appetibile il nostro indice e i titoli del paniere”.