Mentre la Cina prova la carta del diaologo sulla guerra dei dazi, intrapresa da Donald Trump, il presidente Usa va al raddoppio. Secondo quanto anticipato dal Washington Post, confermando alcune indiscrezioni già emerse nei giorni scorsi, l’inquilino della Casa Bianca avrebbe ordinato di raddoppiare il nuovo pacchetto di dazi contro la Cina, portandolo dai 30 miliardi di dollari presentatigli dai suoi consiglieri a 60 miliardi di dollari.
Tutto questo mentre oggi, nella conferenza stampa di chiusura del Congresso nazionale del popolo, il premier cinese, Li Keqiang, ha detto di non volere guerre commerciali con gli Usa. E che, qualora ce ne fosse una, non ci sarebbe alcun vincitore:
“le dispute devono essere risolte con i negoziati, le consultazioni e il dialogo”.
Il presidente cinese Xi Jinping, da parte sua, ha affermato che la Cina non costituisce
“una minaccia per altri Paesi” nel suo processo di crescita e “non è alla ricerca di egemonia ed espansione”. La Cina – ha detto – “continuerà a partecipare attivamente al processo di riforma e di costruzione di un sistema di governance globale”.
E sempre in tema di commercio internazionale, il commissario europeo agli affari economici Pierre Moscovici, a margine dei lavori del G20 di Buenos Aires, ha avvertito che “il protezionismo è il rischio maggiore alle prospettive economiche”. In una intervista a Bloomberg TV, Moscovici si è detto
“abbastanza fiducioso che non si ripeterà il melodramma di Baden-Baden”, la città tedesca dove il G20 si riunì il 17 e 18 marzo del 2017; in quell’occasione, su volere degli Usa, era scomparso il linguaggio categorico con cui l’anno precedente le principali economie al mondo si impegnavano a “resistere a tutte le forme di protezionismo”.
Moscovici ha aggiunto che
“nessuno vuole entrare in una guerra commerciale; tutti stanno cercando un modo per colmare le differenze e trovare terreno comune, specialmente sul fronte commerciale”.