Società

L’AMERICA VA,
L’EUROPA NO

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Mentre l’Europa si dedica alla sua Costituzione emerge un fatto inquietante: la ripresa si sta materializzando negli Stati Uniti e non nel Vecchio continente.

Il tasso di crescita del prodotto lordo sarà dell’1,2 per cento soltanto, contro quello, superiore al 2 per cento, degli Stati Uniti. In Asia, senza il Giappone, il pil cresce del 6 per cento.

Nel periodo che va dall’inizio del 1999 alla fine del 2002, soltanto dal terzo trimestre del 2000 al terzo del 2001 la crescita europea ha superato quella americana. In questo intervallo di tempo, gli Stati Uniti, dopo anni di crescita ininterrotta, sono entrati in una fase recessiva che ha comportato, da marzo ad agosto del 2001, un andamento negativo del pil.

Ma gli eventi tragici dell’11 settembre non hanno impedito all’economia americana di proseguire nel recupero cominciato a luglio, cosicché, nel quarto trimestre, gli Stati Uniti avevano già un andamento positivo.

L’Europa ha risentito di più dell’11 settembre e la dinamica del suo pil è stata negativa per tutto il quarto trimestre del 2001. Poi ha recuperato, senza slancio. Così rimaniamo in coda, con la Germania che frena il ritmo di tutto il gruppo.

Il Wall Street Journal spiega questa posizione di “terza fila” dell’Europa con due fatti noti: la rigidità dei rapporti di lavoro e la politica della Banca Centrale Europea, che ha tenuto alto il tasso di interesse, preferendo lottare contro l’inflazione che stimolare la crescita.

Nell’analisi del Wsj compare poi un fattore importante, e meno considerato: negli Usa il finanziamento con mezzi diversi dal mercato azionario viene compiuto emettendo obbligazioni, in Europa è più frequente il ricorso al credito bancario.

Ora il vincolo di dover onorare delle obbligazioni è molto più rigido di quello di dover rispettare gli impegni con le banche, con cui le grandi imprese europee sono spesso intrecciate. Di qui un minor dinamismo delle società europee.

Le compagnie americane, però, sono quasi tutte public companies governate con “l’occhio al pubblico” degli azionisti. Il capitalismo europeo dipende invece da grandi famiglie e gruppi finanziari ristretti. Un modello più anziano, meno capace di crescita.

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