Secondo l’ultima edizione del Global Sustainable Investment Review, gli investimenti responsabili sono cresciuti rapidamente negli ultimi anni. Nel 2016, gli asset gestiti professionalmente nell’ambito di strategie di investimento responsabili hanno raggiunto 22,9 mila miliardi di dollari, con un aumento del 72% rispetto al 2012. In termini relativi, ciò rappresenta il 26% di tutti i patrimoni gestiti professionalmente a livello globale. La penetrazione è ancora più elevata in Europa, dove raggiunge il 53%.
Tuttavia, per quanto riguarda la gestione dei portafogli obbligazionari dei mercati emergenti, gli approcci di investimento sostenibile sono ancora marginali, nonostante diversi studi accademici abbiano dimostrato che la relazione positiva tra i criteri ESG e la performance finanziaria tende ad essere più forte nel reddito fisso che nelle azioni e nei mercati emergenti rispetto ai mercati sviluppati.
Le tematiche ambientali sono per definizione globali e i paesi emergenti ne sono consapevoli. Tra i 79 emergenti inclusi negli indici obbligazionari sovrani e corporate di JP Morgan, tutti sono firmatari dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e solo 12 non l’hanno ancora ratificato.
Il riconoscimento della necessità e dell’importanza delle politiche ambientali da parte dei paesi emergenti può essere illustrato anche da alcuni eventi recenti, come il primo vertice dell’International Solar Alliance a Nuova Delhi, la creazione di un nuovo Ministero dell’Ambiente in Cina, responsabile delle politiche ecologiche del paese, del monitoraggio e dell’applicazione della legge e, infine, l’ottavo Forum mondiale dell’acqua organizzato a Brasilia dal World Water Council i cui membri includono più di 300 organizzazioni da più di 50 paesi.
Anche se queste iniziative governative non influiranno immediatamente sulla solvibilità delle imprese nazionali, sembra ragionevole aspettarsi che, nel tempo, requisiti ambientali più rigorosi colpiscano sia gli emergenti che gli emittenti privati dei paesi sviluppati, che dovranno adeguarsi ai nuovi standard.
Le agenzie di rating riconoscono sempre più l’importanza dei fattori ESG nella valutazione della solvibilità degli emittenti. Standard & Poor’s ha indicato che, nel biennio concluso nell’agosto 2017, le considerazioni ambientali e climatiche hanno inciso su 717 rating societari e hanno avuto un impatto diretto sul rating (con un upgrade o un downgrade) in 106 casi. Ciò ha segnato un aumento significativo rispetto al precedente studio dell’ottobre 2015, in cui gli stessi criteri avevano inciso solo su 299 rating e portato a 56 azioni di rating.
La copertura degli emittenti obbligazionari emergenti da parte di chi assegna rating ESG è piuttosto recente. Tuttavia, data la ricerca ormai approfondita sugli effetti dei fattori ESG sull’andamento dell’obbligazionario e dell’azionario dei mercati sviluppati, e sull’azionario emergente, sembra ragionevole affermare che:
- Per gli emittenti emergenti, come per quelli sviluppati, le pratiche di alta sostenibilità sono probabilmente correlate positivamente con un minor costo del capitale;
- Le considerazioni ESG dovrebbero portare a risultati più sostenibili nel lungo periodo, sia nei mercati azionari che in quelli del reddito fisso emergenti;
- L’analisi ESG è particolarmente utile per mitigare i rischi di coda;
- I rating ESG complessivi, da soli, potrebbero non essere il miglior fattore predittivo dei livelli di spread di un’azienda. È probabilmente necessaria una comprensione dettagliata delle sue pratiche ESG, che tenga conto delle credenziali ESG del paese o dei paesi e del settore o dei settori in cui opera;
- Per le imprese degli emergenti, i fattori di governance e ambientali sembrano avere un impatto maggiore sulla performance azionaria rispetto a quelli sociali. I dati aneddotici mostrano che questi fattori hanno anche hanno maggiori probabilità di influenzare il costo del finanziamento di un emittente (e quindi lo spread sulle sue obbligazioni).