Chi ricorda, fra le “fake news” degli anni 80, l’idea del sorpasso economico dell’Italia sul Regno Unito? Sta viceversa per diventare realtà il sorpasso della Spagna sull’Italia.
Nonostante la differenza demografica a nostro favore – Italia oltre 60 milioni di abitanti, Spagna 46 milioni – già gli iberici ci battono per attrattività turistica – nel 2017 471 milioni di presenze, Italia 425 – e per Pil pro capite a parità di potere d’acquisto, anche se in assoluto entrambi sono a poco più di 38.000 dollari. È la conseguenza del fatto che in Spagna il costo della vita è inferiore rispetto al nostro.
L’economia cresce a ritmi doppi di quelli italiani ed è tornata ai livelli precrisi. All’Italia mancano ancora diversi punti percentuali; 5 secondo alcune stime.
E ancora: lo spread tra i Btp e i Bonos si è ampliato a circa 55 punti base per la scadenza decennale; il debito pubblico spagnolo è inferiore a 100 rispetto al Pil, quello italiano è a 132. E via elencando.
Perché questa perdita di competitività nei confronti di un Paese che ancora prima della Grande Recessione guardavamo con un pizzico di sufficienza e che oggi ci contende il ruolo geopolitico di leader dei Paesi mediterranei (considerando la Francia proiettata nell’Europa centrale)?
Abbiamo ricordato il differenziale di crescita, ma c’è un dato che forse lo spiega: il disinteresse italiano verso il comparto immobiliare e gli investimenti. In rapporto al Pil, quelli dell’Italia sono diminuiti in questi anni, quelli della Spagna sono cresciuti. E senza investimenti, il Pil è destinato a ristagnare o, addirittura, a contrarsi.
Gli economisti parlano di riforme effettuate, di buon risultato della cura di rigore europeo: ma pochi si soffermano su un dato interessante.
In Spagna l’economia è legata all’edilizia che vi pesa per il 15%. E nel secondo semestre del 2017 il valore della tipologia medio-usata è aumentato dell’11,5%, in Italia è ancora in calo.
Da noi i governi che si sono succeduti dalla Grande Recessione a oggi hanno spremuto fiscalmente dall’immobiliare lo spremibile; e la boccata d’ossigeno del governo Renzi (abolizione dell’Imu prima casa) pur premiante elettoralmente – in allora – è stata cosa ben diversa da quella seria politica di rilancio immobiliare che si attua anche attraverso gli investimenti e gli incentivi (meglio: le non penalizzazioni) fiscali estesi a tutti i comparti dell’edilizia e non solo alla abitazione in proprietà.