Sui mercati il vento è cambiato e ora soffia la volatilità. Per difendersi bisogna selezionare titoli e settori con fondamentali solidi. Wall Street Italia ne ha parlato con Luca Riboldi, direttore investimenti di Banor Sim
Dopo la correzione di febbraio e marzo le Borse non hanno ancora ritrovato il ritmo di inizio anno. Cosa sta succedendo sui mercati azionari?
“Il mercato azionario, già dalla fine dello scorso anno, era diventato molto momentum driven, soprattutto sui titoli tecnologici e industriali. Saliva sulle revisioni al rialzo degli utili a prescindere dalla valutazione intrinseca delle società. Al primo scossone, in febbraio, il mercato si è liberato di molti di questi titoli che offrivano meno certezze dal punto di vista qualitativo. Crediamo che nella situazione attuale, dove la volatilità è tornata ed è qui per rimanere, sia più indicato puntare sui titoli value, con fondamentali solidi. Noi per esempio siamo molto positivi, ormai da mesi, sui titoli legati all’energia che, però, hanno iniziato a muoversi e sovraperformare i titoli momentum driven solo di recente”.
Oltre all’energia quali altri settori potrebbero essere interessanti?
“La correzione ha interessato un po’ tutto il mercato e secondo noi sono tornati interessanti alcuni titoli legati ai settori più difensivi, che lo scorso anno hanno fatto male e che anche nel 2018 hanno esordito male. Per esempio, oltre all’energy, i titoli del settore farmaceutico e le utility. Hanno valutazioni interessanti e pagano dividendi altrettanto interessanti. Altre opportunità ci sono nel comparto delle energie rinnovabili e del petrolio dove, oltre alle major come Eni e Shell che pagano dividendi elevati, stanno tornando interessanti anche le compagnie dell’oil service. Con il rialzo dei prezzi del petrolio, infatti, si vedono i primi investimenti strutturali nel settore. Questo non significa che non guardiamo anche ad azioni di altri settori se ci piacciono. Per esempio Volkswagen, un titolo ciclico, in Germania”.
Il rialzo dei tassi di interesse non è pericoloso per le società a più elevato indebitamento come le utility?
“Il rischio ovviamente c’è ma prendiamo per esempio Snam Rete Gas. Quando Mario Draghi intervenne a sostegno dell’euro con il famoso ‘Whatever it takes’ i tassi sui Btp erano sopra il 6%. Teniamo poi presente che se anche i tassi di interesse dovessero salire, una parte del rialzo si scaricherebbe sulle tariffe. I margini di sicurezza sono quindi ampi. Rimane il fatto che il rialzo dei tassi proseguirà e, in una fase successiva, potrebbe essere necessario tornare con più forza sui titoli ciclici per godere dell’ultimo ‘canto del cigno’ dell’attuale ciclo economico”.
Il rialzo dei tassi non è favorevole anche al comparto bancario, in particolare in Europa dove l’uscita dalla crisi è stata più lenta che negli Stati Uniti?
“Sì ma il settore ha già fatto molto bene lo scorso anno, quindi non siamo più così positivi sulle banche europee. Inoltre non è così imminente il rialzo dei tassi nel Vecchio continente”.
Molti agitano lo spettro di una guerra commerciale come uno dei principali rischi per lo scenario economico globale e per le borse. Qual è la sua opinione?
“Non mi aspetto un’escalation. Stati Uniti e Cina sono Paesi che si sono parlati molto negli ultimi 10/20 anni, non vedo motivi per cui non debbano continuare a farlo. Non conviene a nessuno dei due. Peraltro la strategia di Donald Trump sembra essere quella di fare il muso duro per portare la controparte al tavolo negoziale. In questo caso vuole che si ristabiliscano alcuni equilibri nel commercio globale, che la Cina rispetti la proprietà intellettuale e apra i suoi mercati senza imporre barriere come invece fa. È un confronto che seguiamo con attenzione ma non è sufficiente a farci scappare dai mercati”.