Prima rata senza sconti per Imu e Tasi. In attesa della scadenza dell’acconto delle due imposte, fissato il 18 giugno 2018 (il 16 giugno cade di sabato) quasi tutti i Comuni non hanno trovato margini per tagliare gli importi, che restano ferme ai livelli del 2015.
A dirlo è una ricerca condotta da Caf Acli per Il Sole 24 Ore del lunedì, secondo cui il prelievo medio su seconde case, affitti e immobili produttivi sfiora il 10 per mille.
I valori piú alti sono quelli per i fabbricati produttivi (categoria catastale D).
Il prelievo, in questo caso, arriva al 9,96 per mille di media nazionale. Per questi fabbricati il prelievo rimane mediamente elevato anche nei Comuni con meno di 5mila abitanti, dove per le altre tipologie di immobili tende a essere sensibilmente più basso rispetto ai grandi centri, si legge in un articolo del Sole 24 Ore in cui si specifica che Guardando, invece, alle diverse aree territoriali o alla dimensione dei Comuni, il record del tax rate è quello delle case “a disposizione” nelle città con oltre 50mila abitanti, dove si arriva al 10,5 per mille.
L’unica tipologia di immobili su cui si nota una riduzione è quella delle case affittate a canone concordato. In questo caso, l’aliquota media è scesa dal 9,16 del 2015 al 9,11 per mille di quest’anno.
“La ricerca dimostra che il sistema di tassazione sugli immobili va ripensato dalle fondamenta. Le aliquote medie di Imu e Tasi hanno ormai raggiunto il 10 per mille su basi imponibili che sono state aumentate del 60 per cento con la manovra Monti. Il tutto, senza risparmiare neppure le case affittate a canone calmierato e con un’imposizione che raggiunge livelli di accanimento in presenza di abitazioni che non si riescono a locare, per le quali in molti casi si applica persino l’Irpef (su un reddito inesistente)” ha commentato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.
Spaziani Testa ha poi aggiunto:
“In più, c’è la tassa rifiuti. In totale, la Iuc (vale a dire la somma di Imu, Tasi e Tari) pesa ogni anno per circa 31 miliardi di euro. Si tratta di un onere non più sostenibile e, soprattutto, di una tassazione puramente patrimoniale, che non tiene nel minimo conto la qualità e la quantità dei servizi offerti ai cittadini. Occorre riformare radicalmente il sistema, sostituendo Imu, Tasi e Tari con un tributo effettivamente legato ai servizi e deducibile dal reddito di persone fisiche e imprese”.