La Fed si sta avvicinando ad un livello dei tassi considerato “neutrale”, e ciò potrebbe portare ad un cambiamento di strategia. In questo meeting è probabile che il FOMC – oltre a rialzare i tassi – modifichi la sua forward guidance, cancellando ad esempio l’affermazione sul fatto che i tassi resteranno al di sotto del livello previsto nel lungo periodo. Anche la descrizione della politica monetaria potrebbe venir ridimensionata da “accomodante” a “moderatamente accomodante”.
Questi cambiamenti sarebbero un prendere atto che, dopo tre anni e sette rialzi dei tassi, la politica monetaria è molto più vicina ad un livello neutrale. È un segnale importante, che potrebbe presagire un cambiamento d’approccio da parte del FOMC. Ogni rialzo “oltre” il livello neutrale, infatti, non potrebbe più essere giustificato come parte della normalizzazione: dovrà invece rappresentare una risposta ai dati economici. Giunta alla neutralità, la Fed dovrà essere ancora più attenta alle sue dichiarazioni sulle future politiche monetarie.
A giudicare dai prezzi, i mercati sembrano credere che il prossimo anno la politica monetaria della Fed andrà oltre la neutralità. Dopo quello di questo meeting, il mercato sta prezzando altri tre rialzi da qui a fine 2019: ciò porterebbe i tassi Fed Funds oltre il 2,75%. Si tenga a mente che John Williams ha dichiarato recentemente che a suo parere la “neutralità” sarebbe attorno al 2,5%.
E colpisce ancora di più il fatto che il tasso quinquennale previsto tra cinque anni si attesti oggi al 3,15%: insomma, il mercato si aspetta 5 anni in cui il tasso medio venga mantenuto ben oltre la neutralità. Sarebbe una prolungata fase di restringimento, come mai avvenuto prima nella storia della Fed. Ci sono stati periodi di politiche restrittive, certo, ma mai per 5 anni consecutivi. Per giustificare un simile andamento dei tassi ci vorrebbe uno scenario di inflazione molto diverso da quello attuale.
Le argomentazioni a favore di una politica restrittiva sono poco chiare, e non è affatto scontato che la Fed decida di restringere la politica monetaria oltre la neutralità. Negli Stati Uniti la crescita ha accelerato, dopo un Q1 leggermente al di sotto delle aspettative, e il tasso di disoccupazione è sceso dello 0,3% rispetto al meeting di maggio. La crescita dovrebbe rimanere solida quest’anno, grazie anche allo stimolo fiscale, ma non è chiaro se la dinamica di crescita sottostante sia cambiata, e ci sono buone ragioni per dubitare che sia così.
Cosa ancor più importante, lo scenario dell’inflazione sembra molto lontano dall’essere minaccioso. La misura dell’inflazione preferita dalla Fed è ancora al di sotto dell’obiettivo del 2%, e la crescita dei salari resta a sua volta sotto il 3%. I rischi al ribasso per l’inflazione rimangono significativi, come hanno dimostrato i 5 anni di inflazione inferiore agli obiettivi negli USA, per non parlare della bassa inflazione in Europa e Giappone. A meno che il rischio di inflazione in aumento non diventi più serio, la Fed potrebbe decidere di mantenere una politica più o meno neutrale, per non mettere i bastoni fra le ruote alla ripresa economica in corso.
Il messaggio più importante di questo meeting riguarderà dunque le intenzioni della Fed una volta raggiunta la neutralità. Il rialzo dei tassi infatti è ampiamente previsto e non sorprenderà nessuno. La cosa più importante, invece, sarà il modo in cui il FOMC descriverà le sue intenzioni programmatiche ora che i tassi si avvicinano ad un livello neutrale. Come detto, i mercati sembrano aspettarsi che la Fed andrà oltre la neutralità, portando poi avanti per diversi anni una politica restrittiva.
A nostro parere invece, a meno che lo scenario dell’inflazione non cambi radicalmente, la Fed non sentirà il bisogno di andare oltre il livello neutrale. Se la Fed si mostrerà cauta da questo punto di vista, molti operatori di mercato potrebbero restare sorpresi. Sarebbe infatti il segnale che la Fed non è così “falco” come molti avevano temuto.