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MiFid 2 e boom gestione passiva: interviene la FCA inglese

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La Financial Conduct Authority (FCA), l’autorità di controllo dei mercati finanziari britannici, agirà per porre rimedio alle conseguenze negative indesiderate della MiFid 2 già a partire dal prossimo mese. Lo ha fatto sapere il suo amministratore delegato Andrew Bailey, ex membro della Banca d’Inghilterra, confermando le segnalazioni emerse negli ultimi tempi.

Durante l’Asset Management Conference 2018 dell’agenzia, l’equivalente britannico della nostra Consob, Bailey ha dichiarato di “non essere il solo” a essere preoccupato circa la divulgazione di proiezioni di performance fuorvianti nei prospetti informativi delle società del settore dei prodotti di investimento nei campi retail e assicurativo,  riconoscendo al contempo la necessità di affrontare l’impatto che stanno avendo i requisiti di ricerca imposti dalla MiFid 2, direttiva europea entrata in vigore a gennaio 2018.

Entrambe gli impianti normativi hanno già avuto conseguenze importanti per i protagonisti dell’asset management, non solo nel Regno Unito. Non è la prima volta che le proiezioni di performance vengono descritte come “fuorvianti”, mentre i requisiti dei costi di transazione hanno portato a documenti con stime negative.

C’è ancora tanta confusione, inoltre – sottolinea a sua volta la FCA francese – sulle modifiche apportate dalla MiFid 2 per migliorare la trasparenza di mercato: secondo Robert Ophele, presidente dell’agenzia di supervisione dei mercati “Autorité des Marchés Financiers”, visto l’incremento “sorprendente” dei trading over-the-counter, è ancora presto per esprimere un giudizio definitivo, con il verdetto finale che “deve ancora essere pronunciato”.

Gestione passiva occupa 50% attivi in gestione in Usa

La conferenza sull’Asset Management della FCA si è concentrata anche su una serie di trend di mercato, uno dei quali salta particolarmente all’occhio, anche se non dovrebbe sorprendere più di tanto proprio in considerazione dell’incremento dei costi legati alla gestione attiva.

Si tratta dell’incremento esponenziale della popolarità della gestione passiva. Secondo il chair del pannello, Gunner Burkhart, senior adviser dell’agenzia FCA, gli attivi passivi contano ora per più del 50% degli asset in gestione negli Stati uniti, mentre la percentuale nel Regno Unito supera già il 25% e sta “crescendo rapidamente”.

Le personalità dell’industria del risparmio gestito intervenute sul palco della conferenza tenutasi il 12 giugno hanno parlato dei benefici che hanno i prodotti “passivi” per gli investitori retail, tra cui i costi più bassi, la semplicità e la trasparenza, senza dimenticare l’accesso facilitato a un’esposizione al mercato generale.

Detto questo, Abdallah Nauphal, amministratore delegato di Insight Investment, è stato uno dei critici più dichiarati della gestione passiva. Nauphal ha sottolineato che se gli asset under management (AUM) diventano troppo sbilanciati verso il settore passivo, questo fenomeno rischia di creare una “de-correlazione di prezzo dal valore sottostante di una società”.

Il manager ha anche ricordato che un ruolo sempre più importante della gestione passiva “potrebbe alterare in maniera radicale la natura concorrenziale e la natura innovativa a lungo termine dell’industria” dell’asset management. In questo modo il risultato sarebbe che in caso di calo dei mercati o crisi finanziaria, non verrebbe reso agli investitori un servizio altrettanto buono come invece avverrebbe se le due forze (gestioni attiva e passiva) fossero più bilanciate.