Passare dalla retribuzione fissa di una banca a quella variabile del consulente è difficile ma può far guadagnare molto di più
Negli ultimi anni il mondo bancario è stato interessato da fusioni, acquisizioni e operazioni straordinarie. Molti di coloro che si occupavano di consulenza all’interno di una banca hanno subito dei ricollocamenti, dei cambiamenti di sede o sono stati accompagnati verso la pensione. Una situazione che ha creato disagio e ha posto molti consulenti finanziari legati a un istituto bancario davanti a un bivio. Difendere il posto, con una retribuzione fissa, o fare il grande salto che porta al professionismo e alla retribuzione variabile? La possibilità di guadagnare di più è uno dei fattori che può spingere a scegliere la seconda strada.
La retribuzione di un professionista della consulenza è legata alle commissioni e può essere decisamente elevata, anche se è difficile fare delle stime.
I fattori che la determinano sono tanti. Inoltre ciascuna società mandante applica politiche retributive proprie.
“A livello generale – spiega Simona Barbieri di Vila & Partners Executive Search – si può ipotizzare una retribuzione tra 60 e 90 mila euro lordi per i consulenti con un patrimonio gestito tra i 15 e i 20 milioni di euro, mentre per i portafogli superiori ai 30 milioni di euro si potrebbero superare i 100 mila euro lordi annui”.
Anche la composizione del portafoglio ha la sua importanza:
“Se i tuoi clienti hanno solo Bot e Cct – aggiunge Marco Dari, tra i soci fondatori di e-work – non ti puoi aspettare guadagni elevati. Se invece ci sono investimenti diversi come fondi e altri prodotti puoi arrivare a guadagnare oltre i 100mila euro lordi l’anno”.
Sono valori doppi rispetto a quello che può arrivare a guadagnare un consulente finanziario “bancarizzato”. In questo caso, con un’esperienza superiore ai dieci anni e se si opera in una grande città si può arrivare a una retribuzione fissa di 55mila euro lordi l’anno (dati Hays Salary Guide 2018).
Il cambio di casacca
Le cifre sono al netto delle componenti straordinarie come per esempio le commissioni sulle masse spostate quando si cambia rete. Il cambio di casacca di un consulente viene infatti sempre premiato in base ai clienti che riesce a portarsi dietro. C’è però differenza tra il passaggio da una rete all’altra e il passaggio dall’essere dipendente di una banca a una condizione di professionista.
“In questo secondo caso – aggiunge Dari – alcune società mantengono almeno per i primi due anni la retribuzione annua che il consulente aveva in banca, maggiorandola fino al 20% in media. Con il passare del tempo la retribuzione diventerà variabile”. Il trasferimento da una rete a un’altra viene invece premiato con una percentuale, in genere il 3%, sulle masse gestite che si trasferiscono con lui”.
A complicare le cose è arrivata la Mifid 2 che, commenta Barbieri
“ha innescato un processo di riorganizzazione delle reti che dovranno fare fronte, in prospettiva, a una riduzione delle commissioni stimabile tra il 5% e il 10%”.
Difficile ipotizzare le conseguenze di tale riduzione sulle retribuzioni.
“È probabile che se le commissioni scendono del 5%-10%, anche i livelli retributivi dei consulenti finanziari scendano in misura simile” aggiunge Vittorio Villa, tra i fondatori di Villa & Partners che precisa: “In realtà bisogna considerare tutte le variabili in gioco e tra queste la richiesta di consulenti che, negli ultimi anni, è stata molto elevata. Le reti hanno cercato di accaparrarsi i professionisti migliori, con quanti più clienti possibili al seguito”.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di giugno del mensile Wall Street Italia