In Germania il ministero delle Finanze ha convinto “i regolatori tedeschi a una certa benevola distrazione mentre le banche assumevano rischi sempre più scriteriati”. Così scrive sul Corriere Economia Federico Fubini che fa riferimento alla ricerca in corso di pubblicazione di un economista tedesco esperto di banche, tale Martin Hellwig, 69 anni, la cui ricerca si intitola “La Germania e la crisi finanziaria 2007-2017.
“Le conclusioni non sono uno scoop solo perché Hellwig non ha disseppellito chissà quali documenti segreti, ha solo messo in ordine informazioni esistenti”, scrive Fubini. In particolare secondo le stime dell’economista tedesco, riportate dal giornalista italiano, dopo interventi pubblici per oltre 250 miliardi di euro per finanziare dei salvataggi, il costo totale delle crisi bancarie per il contribuente tedesco è di oltre 70 miliardi di euro.
Cifra che, fa notare Hellwig, sarebbe più alta se non fossero arrivati i salvataggi indiretti con denaro di altri governi. Quali sono gli altri governi? Quelli dei paesi in crisi, Grecia (2010), Irlanda (2010) e Spagna (2012) i cui pacchetti di salvataggio Ue hanno indirettamente aiutato le banche tedesche nel complesso esposte su quei 3 Paesi per centinaia di miliardi di euro.
“Senza l’aiuto pubblico indiretto in queste situazioni, le perdite delle banche – e probabilmente anche l’esigenza di un aiuto diretto da parte dei contribuenti tedeschi – sarebbe stato anche maggiore di quanto sia stato nella realtà”.
Così scrive il CorSera. In Germania le crisi bancarie non sono mancate: basta ricordare oltre a Deutsche Bank anche i dissesti di banche pubbliche regionali WestLB, Hsh Nordbank, SachsenLB, Landesbank Baden-Wuttermberg, Hypo Real Estate o di Commerzbank e Dresdner Bank. Ma perché non è mai stata fatta un’indagine? La risposta la dà Fubini sulla base dello studio dell’economista tedesco:
“Al governo servivano (e servono) nel Bundesrat i voti dei politici regionali, legati alle banche del loro territorio”.