Nella guerra a colpi di dazi tra Usa e Cina, Pechino ha deciso di ricorrere al Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio. L’obiettivo è quello di fermare la minaccia di dazi aggiuntivi al 10% annunciati dagli Usa sull’import di beni “made in China” per 200 miliardi di dollari ex art.301 dello Us Trade Act.
La mossa, annunciata con un post sul sito del ministero del Commercio, cade nel giorno in cui Cina e Ue, nel loro 20esimo o summit annuale, hanno ribadito l’impegno congiunto per il multilateralismo e il libero scambio.
Nel corso della conferenza stampa congiunta di oggi con il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, e il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, il primo ministro cinese, Li Keqiang, ha ribadito che la Cina vuole un avanzamento nei rapporti con l’Unione Europea sul piano degli investimenti e delle indicazioni geografiche protette.
“Condividiamo l’obiettivo di concludere i negoziati a breve” sul trattato bilaterale per gli investimenti tra Cina e Unione Europea, ha detto Li Keqiang, aggiungendo che un altro obiettivo è quello di “concludere entro ottobre i negoziati sulla protezione delle indicazioni geografiche”.
Dal canto suo, il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker , ha ribadito che:
“L’UE promuove il multilateralismo rafforzando le sfide globali e difendendo i suoi interessi nel mondo: continueremo a difendere un commercio aperto, leale e basato su regole. Andiamo avanti insieme per promuovere la pace, la crescita e la sicurezza”.
Tornando alla guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, Tom Rafferty economista presso l’Economist Intelligence Unit sostiene che l’economia cinese abbia finora retto bene finota alle tensioni con gli Stati Uniti, anche se le prospettive di un rallentamento restano all’orizzonte.
“I dati mostrano che gli ostacoli al commercio globale non hanno ancora a avuto conseguenze sull’economia cinese. Nonostante l’accesa retorica globale sul commercio e la volatilità dei mercati finanziari, le esportazioni cinesi hanno registrato buoni risultati nel secondo trimestre dell’anno. Siamo invece più preoccupati del rallentamento della domanda interna, che mostrano investimenti costantemente deboli e rallentamento dei consumi, che sono driver di crescita molto più importanti delle esportazioni”