Nessun tentativo di sabotare il governo giallo-verde. Anzi. La stima dell’Inps sugli effetti dell’introduzione del cosiddetto decreto Dignità vuole tendere la mano al neo ministro di Lavoro e Sviluppo M5s, Luigi Di Maio, perché non tiene conto dell’introduzione delle causali, elemento che inibirà i rinnovi.
Cosí spiega all’agenzia stampa Reuters una fonte esperta di mercato del lavoro, che preferisce restare anonima, secondo cui con la nuova norma saranno circa 30.000 i contratti a termine a rischio ogni anno.
La relazione tecnica al decreto Dignità, su dati forniti dall’Inps, spiega che saranno 8.000 i posti di lavoro persi ogni anno per 10 anni a causa della stretta ai contratti a tempo e di somministrazione introdotta dalla norma di inizio luglio voluta da Di Maio.
L’Inps – sempre secondo la fonte sentita da Reuters – ha elaborato la sua stima ipotizzando il 90% di riconversioni dei contratti a tempo in contratti stabili, valutazione “di gran favore” al governo. Non solo. La proiezione dell’istituto di previdenza non considera l’effetto inibitorio che la reintroduzione delle causali avrà su proroghe e rinnovi dei contratti a termine.
A tale proposito, va ricordato che il decreto Dignità stabilisce 24 mesi come durata massima dei contratti a termine, ma dopo i primi 12 mesi per il rinnovo o la proroga sarà necessario indicare una causale.
In Italia oggi sono 2 milioni i contratti a tempo registrati, la maggior parte dei quali di breve e brevissima durata. Quelli sopra i 12 mesi sono circa 280.000, il 14% del totale.
“Quanti di questi saranno prorogati tenendo conto delle causali? Una quota si trasformerà in lavoro autonomo, spesso finto, una parte andrà in nero e una piccola parte sarà stabilizzato”, spiega la fonte. “Ma se anche considerassimo che il 90% di questi 280.000 venga stabilizzato, sarebbero 28.000 i contratti perduti”, conclude.