Mentre i timori legati all’impatto che avrà sull’economia globale la guerra commerciale tra Stati Uniti e resto del mondo continuano a influenzare gli scambi sui mercati finanziari, lo yuan ha toccato il livello più basso in un anno di tempo. La guerra commerciale si sta tramutando in una guerra valutaria.
La divisa cinese, che di solito viene monitorata (e manipolata) attentamente dalle autorità di Pechino, è scivolata in area 6,784 yuan per un dollaro Usa nelle contrattazioni offshore.
L’andamento sul Forex, secondo i commentatori di mercato e gli analisti, è un chiaro segnale del fatto che i funzionari della Cina, in risposta ai dazi imposti da Donald Trump per primo, stanno svalutando di proposito la propria divisa fiat.
L’ansia sulle tariffe imposte ai prodotti made in China importati negli Stati Uniti sta spingendo il governo ad agire anche sul mercato dei tassi di cambio e non solo per vie diplomatiche.
Lo yuan ha già subito perdite pesanti i mesi scorsi. Basti pensare che in aprile, prima che l’amministrazione Trump si lanciasse in una guerra commerciale a tutto campo e senza ritorno, scambiava intorno ai valori di 6,3 per dollaro.
La manipolazioee della Banca centrale cinese
In passato la People’s Bank of China è intervenuta nei mercati finanziari per scongiurare un indebolimento eccessivo dello yuan e una discesa sotto valori chiave importanti. L’area di 6,70 viene indicata come uno spartiacque fondamentale, ma la situazione sembra che si stia evolvendo verso uno scenario di maggiore incertezza.
Come spiega a Bloomberg l’economista di Oversea-Chinese Banking Tommy Xie, il fixing è un “segnale che la PBOC non sta proteggendo una linea di difesa in particolare per il tasso di cambio e che è a suo agio con una svalutazione graduale dello yuan”. che chiaramente permetterebbe di guadagnare competitività negli scambi commerciali.
Sono indicazioni che non sono certo favorevoli allo yuan, osserva l’economista, aggiungendo che “la valuta potrebbe subire una nuova ondata di vendite in futuro“. Una divisa più debole consentirebbe ai principali gruppi esportatori cinesi di attutire l’impatto negativo provocato dai dazi Usa.
Allo stesso tempo le misure delle autorità di politica monetaria contribuiscono anche ad alimentare le preoccupazioni circa la capacità di resistenza della Cina, la quale potrebbe trovarsi davanti un periodo difficile, specialmente se si pensa che la crescita economica si è indebolita un po’ negli ultimi tre mesi.