Burberry lo scorso anno ha bruciato capi e accessori firmati per un valore di oltre 28 milioni di sterline, circa 31 milioni di euro. La rivelazione shock si trova nel bilancio della casa di moda inglese famosa per i suoi trench e oggi guidata dall’italiano Marco Gobbetti.
Come scrive il Times, a conti fatti, la cifra si potrebbe tradurre in 20mila dei suoi iconici trench andati in fumo e negli ultimi cinque anni sarebbero state distrutte merci per 100 milioni di euro. La distruzione degli stock in eccesso è una pratica iscritta a bilancio e molto diffusa nell’industria del lusso che decide così di mandare all’inceneritore migliaia e migliaia di pezzi non venduti piuttosto che farli finire negli outlet o nel “mercato grigio”, ossia i canali di vendita non autorizzati dalle case di moda, e in cui i prezzi sono ovviamente molto più bassi. Il tutto per salvaguardare l’esclusività del marchio e impedire contraffazioni.
Da qui le polemiche di investitori e di ambientalisti che hanno alzato un coro di proteste contro pratiche aziendali all’insegna dello spreco e pericolose per l’ambiente. Burberry dal canto suo ha tentato di difendersi affermando che procede alla distruzione solo di capi con il marchio impresso e lavora allo scopo con società specializzate.
“Abbiamo cura dei nostri processi di smaltimento prodotti, per ridurre al minimo le eccedenze di ciò che produciamo. Nelle occasioni in cui è necessario smaltire i prodotti lo facciamo in maniera responsabile e continuiamo a cercare modi per ridurre o rivalutare i nostri rifiuti. Questa è una parte fondamentale della nostra strategia da qui al 2022 e abbiamo stretto collaborazioni e partnerhip con alcune organizzazioni. Un esempio su tutti è la nostra partnership con la Make Fashion Circular Initiative della Ellen MacArthur Foundation, in cui ci uniamo ad altre organizzazioni leader per lavorare verso un’economia circolare della moda”.