Economia

Italia, agenzia di rating: “grandi ambizioni ma con spazi fiscali limitati”

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La coalizione di governo “populista” insediatosi a fine maggio ha innervosito i mercati, ma a giudicare dai sondaggi sta soddisfacendo l’elettorato. Da convincere rimangono sempre le agenzie di rating. Il momento della verità verrà presto, in queste settimane, quando l’esecutivo euro scettico dovrà presentare la sua prima legge di bilancio.

L’idea di fondo è quella di rispettare gli impegni presi in campagna elettorale per quanto riguarda flat tax e reddito minimo, misure che si andranno ad aggiungere al varo delle riforme del mercato del lavoro e del sistema pensionistico. L’incremento degli stimoli fiscali rischia di portare l’Italia, terza economia d’Eurozona, allo scontro con le autorità europee.

In più di un’occasione Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i due vice premier, hanno fatto cenno alla possibilità di sforare il tetto sul deficit del 3% e di non voler per forza rispettare i vincoli di bilancio se questo significa mantenere le promesse fatte al corpo elettorale prima delle elezioni di marzo, tra cui un abbattimento del fisco, un reddito minimo garantito e lo stop all’incremento dell’Iva nel 2019.

Italia, restano dubbi sulla sostenibilità del debito

Le dichiarazioni hanno generato incertezza e alimentato i dubbi sulla sostenibilità del debito, portando Scope Ratings a dichiarare che i leader del paese hanno grandi ambizioni ma si muovono con un margine di manovra finanziario limitato. L’agenzia di rating sta monitorando con attenzione qualsiasi sviluppo politico in Italia, osservata speciale dei mercati in questa fase.

L’8 giugno Scope ha confermato il rating di A- sulla qualità del credito italiano, ma ha rivisto a ribasso l’outlook a negativo. Venerdì a mercati chiusi arriverà anche la decisione di Fitch, mentre più avanti si saprà cosa ne pensano le altre due sorelle americane del rating, Standard & Poor’s e Moody’s – che ha rinviato la decisione a settembre.

La revisione in peggio delle prospettive sull’Italia deriva da una serie di fattori, due su tutti:

  1. innanzitutto i cambiamenti di scenario politico in Italia, che aumentano i dubbi circa la volontà  e la capacità dei governi presenti e futuri di risolvere i problemi strutturali significativi del paese;
  2. in secondo luogo il programma politico economico del governo giallo verde che potrebbe peggiorare la situazione già traballante di sostenibilità del debito pubblico, il secondo più grande in Europa dopo la Grecia.

Il trend a lungo termine del debito è evidente: messo a confronto con il Pil, il debito pubblico era pari al 133,4% nel primo trimestre di quest’anno, 31 punti base sopra i livelli di dieci anni esatti fa. Solo Atene, un paese che ha avuto bisogno di tre pacchetti di aiuti esterni per scongiurare il default delle finanze pubbliche, fa peggio nell’area euro.

Legge di bilancio: le date da segnare in calendario

“Malgrado la ripresa economica globale, il rapporto debito Pil dell’Italia è rimasto saldamente su livelli elevati da quando ha raggiunto più o meno la percentuale in cui si trova dal 2014″, osserva Dennis Shen, analista specializzato sull’Italia presso Scope Ratings.

“La difficoltà nel ridurre il rapporto debito Pil riscontrata anche durante tempi di economicamente positivi, la dice lunga sull’ampiezza delle sfide circa la sostenibilità del debito”, dice Shen, ricordando “la pressione al ribasso inevitabile che ci sarebbe in caso di un’eventuale flessione dell’attività economica in futuro”.

Le stime di Scope sono per una crescita potenziale a medio termine di appena lo 0,75%, con un incremento su base annuale dell’1,1% nel secondo trimestre, una percentuale inferiore alla media europea. Senza poi contare le incertezze politiche sulle nuove misure fiscali che verranno presentate entro il 27 settembre con la manovra finanziaria.

Il 15 ottobre il testo passerà al vaglio della Commissione Europea. Da quel momento potrebbe aprirsi un lungo braccio di ferro tra le due parti. “Una piena implementazione del programma del governo a un costo superiore ai 100 miliardi di euro (pari al 5,8% del Pil) è improbabile”, secondo Scope, ma una serie di misure “popolari” sono destinate a essere incluse, sebbene in maniera graduale.