Prevediamo che i tassi a 10 anni dei Paesi core dell’Unione Monetaria Europea resteranno ancorati al di sotto dell’1% nei prossimi 12 mesi. Questo scenario ribassista a lungo termine si basa essenzialmente sulla crescente convinzione che i programmi di Quantitative Easing delle banche centrali resteranno in vigore per molto tempo. I tassi decennali USA invece si aggireranno intorno al 3%.
I programmi di QE non finiranno mai veramente. I bilanci aggregati delle banche centrali continueranno a esercitare un’influenza sostanziale sulla relazione tra domanda e offerta e sui conseguenti processi di determinazione dei tassi sui mercati obbligazionari globali. La Fed sta temporaneamente riducendo le dimensioni del suo bilancio. Tuttavia, dopo sette aumenti dei tassi, otto con quello atteso a settembre, ci stiamo avvicinando alla fine di un ciclo di politica monetaria.
All’inizio dell’estate, il neo nominato governatore della Fed di New York e membro votante ha dichiarato di vedere il tasso Fed di equilibrio al 2,5%. Siamo d’accordo con questa stima. Raggiungeremo tale livello con un ulteriore aumento dei tassi dopo settembre, ma quando la Fed supererà questo valore, andando verso il 2,75% o 3%, si osserverà un effetto di raffreddamento dell’economia statunitense. Jay Powell avrà terminato il suo ciclo di manovre monetarie prima che la BCE inizi a normalizzare i tassi a piccoli passi entro la fine del 2019.
Negli ultimi mesi alcuni fattori specifici hanno portato a flussi di vendita delle valute in Argentina, Russia e Turchia, ma si sono osservati solo pochi segnali di contagio verso altri Paesi Emergenti caratterizzati da politiche monetarie e fiscali credibili. Pertanto, riteniamo che queste battute d’arresto siano state temporanee. Per la maggior parte dei paesi che selezioniamo in base alle nostre classifiche di sostenibilità, osserviamo miglioramenti molto importanti. Alcuni esempi sono l’Indonesia, la Repubblica Ceca, il Brasile o il Messico.
L’incertezza e la conseguente volatilità derivanti da un ricco calendario politico, anche in Paesi emergenti non chiave, persisteranno. Tuttavia, la nostra asset allocation globale attribuisce un sovrappeso a questo segmento alla luce delle aspettative di crescita a lungo termine che lo contraddistinguono.
Osserviamo il differenziale dei tassi reali tra economie emergenti e Paesi sviluppati più elevato dal 2011. Notiamo inoltre che il differenziale dei premi al rischio tra Stati Uniti e mercati emergenti si sta muovendo in modo favorevole, all’interno di un contesto di crescita sostenuta e di miglioramento del saldo dei conti con l’estero per la maggior parte delle economie emergenti.
Le valutazioni del debito in valuta locale EM sono diventate sempre più interessanti su tutti gli orizzonti di investimento rilevanti.