La corsa del petrolio non è destinata a rallentare. Al contrario. Il secondo round di sanzioni che gli Stati Uniti imporranno da novembre contro il settore energetico iraniano rischia di spingere il prezzo del barile oltre i 100 dollari al barile (un livello che non si vede dal 2014) contro i 68 dollari a cui il Wto viene scambiato attualmente.
E’ quanto ha spiegato alla Cnbc il fondatore e presidente della società di consulenza FACTS Global Energy. Secondo Fereidun Fesharaki, che ha parlato dal CLSA Investors’ Forum a Hong Kong,
“la minaccia delle sanzioni è reale e trasformerà il mercato portando a prezzi più alti. Al momento, quello che sta tenendo a freno i prezzi del petrolio sono timori di tipo macroeconomico”, ha aggiunto Fesharaki concludendo: “Se Usa e Cina trovano un accordo, il prezzo del greggio non può fare altro che salire perché verrebbero meno i timori di una guerra commerciale che frenerebbe la crescita globale e dunque la domanda della materia prima”.
Per l’esperto, il rialzo dei prezzi sarà attribuito all’amministrazione Trump, che si è lamentata a luglio di prezzi troppo alti puntando il dito contro l’Opec.
Una revisione al rialzo sui prezzi del petrolio è arrivata ieri anche dall’Energy Information Administration (Eia) americana, che ha alzato i prezzi del greggio per il 2018 il 2019 mentre ha abbassato le sue stime per la produzione americana in tutte e due gli anni.
Nel suo rapporto mensile, l’agenzia governativa stima che quest’anno il Wto si attesi a 67,03 dollari, l’1,2% in più su quanto previsto ad agosto; per l’anno prossimo il barile scambiato a New York è visto a 67,36 dollari, il 4,7% in più di quanto calcolato un mese fa. Per il Brent, il 2018 dovrebbe chiudersi a 72,84 dollari (+1,5%) e il 2019 a 73,68 dollari (+4,4%).
Tornando all’Iran, lo scorso maggio Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dallo storico accordo sul nucleare iraniano siglato nell’estate del 2015 dalle principali potenze mondiali (inclusi gli Usa di Barack Obama). I fari del mercato sono ora puntati al 4 novembre, scadenza entro la quale vorrebbe che tutti i Paesi tagliassero a “zero” le loro importazioni di greggio iraniano, la principale fonte di introiti per Teheran. Gli Usa hanno promesso sanzioni a chi non rispetterà il suo volere ma la Cina intende fare di testa sua.