Il caso dei 49 milioni di euro di rimborsi elettorali da restituire dalla Lega allo Stato si sposta in Lussemburgo. La questione riguarda il periodo 2008-2010 quando a capo del partito oggi nella maggioranza di governo via era il fondatore Umberto Bossi, condannato insieme all’ex tesoriere Francesco Belisto e a tre ex revisori contabili per truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali.
Da quella condanna si era poi passati ai fatti mettendo al setaccio i conti della Lega per trovare quei 49 milioni di euro di rimborsi elettorali svaniti nel nulla. I giudici della Cassazione hanno stabilito che per recuperare quei soldi si dovranno andare a svuotare non solo conti passati ma anche quelli presenti, della nuova gestione Salvini per intenderci. Poi il tribunale del Riesame ha confermato la decisione.
Da qui è iniziata la “caccia” ai soldi della Lega. Cosa centra il Lussemburgo? Dalle indagini è emerso che i rimborsi sono stati dirottati in una serie di conti correnti bancari, poi dispersi fra alcune fiduciarie riconducibili, secondo la procura, a soggetti vicini alla Lega e poi rientrare in un conto di ‘transito’ della Cassa di Risparmio di Bolzano, la Sparkasse. Quest’ultima investe dieci milioni nel fondo Pharus Management, società di gestione patrimoniale del Lussemburgo che opera anche in Svizzera, e all’inizio di quest’anno tre milioni ritornano in Italia ma scatta una segnalazione dell’antiriciclaggio.
Si tratta di “investimenti propri della banca, che non appartengono ad alcun cliente”, avverte Sparkasse ma per la procura di genova così non è e partono le perquisizioni alla Sparkasse e ora la rogatoria in Lussemburgo con i pm in trasferta per ascoltare alcune persone e setacciare i documenti del fondo per dimostrare che parte di 49 milioni da rimborsare si trovano lì. “E’ tutto certificato, i soldi non ci sono, né in Italia né in Lussemburgo”, così il ministro Salvini.