Le nozze tra le banche in Ue, a dieci anni dal crac della Lehman Brothers, sono ancora a rilento. Tutta colpa della unione bancaria, ancora incompiuta , ma anche delle specificità di ogni mercato dice Mario Draghi, il Presidente della Banca centrale europea.
Che ci sia bisogno di grandi colossi bancari Ue lo ha sottolineato anche Jean-Pierre Mustier, CEO di UniCredit ieri, mentre si diffondono voci di riavvicinamento tra il suo gruppo e Société Générale.
“Abbiamo bisogno di banche globali per finanziare le PMI e aiutarle a creare più posti di lavoro”.
Gli europei rimangono in un certo senso dei “nani” contro gli americani e lo dicono i numeri. Mentre la capitalizzazione di mercato di JP Morgan ha superato 300 miliardi di euro a fine 2017, e Bank of America e Wells Fargo 200 miliardi, Santander ha raggiunto solo 88 miliardi di euro, BNP Paribas 78 miliardi, Société Générale e UniCredit 35 miliardi e Deutsche Bank 33 miliardi. Da qui l’appello che ieri intervenendo alla Conferenza Acpr sulla supervisione finanziaria ha lanciato Danièle Nouy, presidente del Consiglio di vigilanza della BCE.
“La parola chiave nell’Unione bancaria è unione ed è qui che penso che possiamo fare meglio. Ciò richiede tre elementi: armonizzazione, cooperazione e solidarietà. Sul primo punto “dobbiamo trasformare il regolamento per le banche in un vero e proprio regolamento europeo. (…) i paesi tendono ancora a mettere recinti attorno ai loro settori bancari. Era ritenuto ragionevole durante la crisi, ma i tempi sono cambiati. Ora abbiamo l’unione bancaria e ci sono più benefici dal passaggio verso un’unica giurisdizione. Quindi, a mio avviso, dovremmo abbattere questi recinti”.
I problemi di Deutsche Bank e Commerzbank
Va in questo senso la fusione paventata negli ultimi tempi tra due colossi, Deutsche Bank e Commerzbank. Un matrimonio che ha ricevuto anche di recente il placet del governo Merkel. Ad accomunare le due banche è la crisi, seppure in contesti estremamente diversi tra loro. Commerzbank ha una capitalizzazione di mercato scesa a circa 10 miliardi di euro e la scorsa settimana è uscita dal Dax 30, l’indice azionario tedesco per far posto a Wirecard, società specializzata in pagamenti elettronici.
I problemi non sono tanto legati – anzi per nulla – ai famigerati non-performing loans, bensì piuttosto alla redditività scadente, dovuta in particolare ad anni di tassi di interesse quasi azzerati. Non se la passa per niente bene neanche Deutsche Bank che, dopo tre anni di perdite di esercizio, dovrebbe presto lasciare l’Euro Stoxx 50, mentre la sua capitalizzazione si è ridotta di quasi il 40% in un anno, circa 19 miliardi di euro.
A settembre il quotidiano tedesco Spiegel ha rilanciato l’ipotesi circolata già mesi fa della fusione tra le due con i rispettivi manager aperti all’idea anche se dicono da un pò che l’ambiente attuale non è favorevole. Una fonte riferisce che il Ceo di Commerz Martin Zielke farebbe una fusione “oggi piuttosto che domani”, mentre l’AD di Deutsche Bank Christian Sewing ha dichiarato internamente che una fusione non è in agenda per i prossimi 18 mesi ma non negandolo.
La stessa fonte riferisce che il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, potrebbe immaginare un’operazione che metta insieme le due più grandi banche del paese e prendere così due piccioni con una fava.