Nel percorso a ostacoli per l’approvazione della manovra, ora il governo giallo verde deve vedersela anche con le banche. Pomo della discordia, l’ipotesi di inserire nella legge di Bilancio una stretta fiscale sul sistema creditizio.
Ovvero una riduzione della deducibilità degli interessi passivi all’86% dall’attuale 100% (cioè quanto le banche pagano il denaro che prendono a prestito) a cui si aggiungerebbe un allungamento su più anni delle perdite legate alla svalutazione dei crediti deteriorati.
Una prospettiva che, secondo l’Abi, più che un danno alle banche rischia di diventare un danno ai loro clienti. Soprattutto quelli futuri, che rischiano di vedersi erogato meno credito e a prezzi più alti.
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Abi: aumentare tasse banche indebolisce ripresa
Questo perché, come ha sottolineato ieri il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, in occasione della Giornata del Credito, “il denaro per le banche è come la farina per il fornaio”. In altre parole, se aumentano i costi delle banche, le ricadute si faranno sentire sui prezzi finali pagati dal cliente.
Rincara la dose il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli secondo il quale “chi pensasse di aumentare la pressione fiscale sulle banche indebolirebbe la ripresa”. Per Patuelli, tornare indietro con una tassazione di alcune “spese forzate” delle banche non inciderebbe solo sull’attività degli istituti ma sulla dinamica del risparmio e sulle scelte dei modelli di business che finora hanno portato al finanziamento delle piccole e medie imprese italiane.
Critiche che non fanno paura al vicepremier Luigi Di Maio.
“Togliere qualche privilegio ai banchieri per restituire qualche diritto ai cittadini – ha replicato su Facebook – è sacrosanto. Se dai privilegi ai banchieri dipendesse il buon andamento dell’economia, con tutti i regali miliardari che gli hanno fatto i governi di prima, oggi saremmo il Paese del Bengodi. Invece non è così, e quindi si cambia”.