“Il sistema bancario svizzero è il diavolo” secondo un ex banchiere americano di UBS. Bradley Birkenfeld ha usato queste parole al vetriolo durante un’intervista in cui ha raccontato di come è andata la sua testimonianza che ha permesso alla giustizia americana di sanzionare la prima banca della Svizzera.
“Ero il banchiere di Lucifero e sono l’unico a essere finito in cella per questa storia“, ha dichiarato il 53enne in un’intervista concessa all’agenzia Afp. Da giovedì l’ex banchiere si trova a Parigi per promuovere il suo libro edito in Italia da RAI-ERI (“Il banchiere di Lucifero. Come ho distrutto il segreto bancario svizzero”).
Le sue dichiarazioni e il tour pubblicitario del testo da lui firmato non potevano arrivare in un momento più ideale: lunedì 8 ottobre è infatti la data dell’inizio del processo contro il gruppo UBS a Parigi. Nel banco degli imputati siederanno i responsabile della filiale francese della banca e alcuni singoli ex dipendenti. L’accusa è di riciclaggio e frode fiscale. La banca è già stata costretta a versare una cauzione di 1,1 miliardi di euro.
Il leader mondiale della gestione patrimoniale, guidato dall’AD Sergio Ermotti, è sospettato di aver incitato ricchi clienti francesi a investire e custodire i loro beni in Svizzera con metodi illeciti o ai limiti della legalità. Il caso ricorda da vicino quello che UBS ha dovuto affrontare negli Stati Uniti. In quell’occasione nel 2009 il processo si è concluso con l’obbligo a versare una multa salata da 780 milioni di dollari.
L’accusa mossa contro la banca presieduta da Axel Weber era anche allora quella di aver aiutato alcuni dei suoi facoltosi clienti americani a evadere il fisco. Allora uno dei testimoni chiave dell’udienza fu Birkenfeld: condannato nel 2009 a 40 mesi di carcere, era stato scarcerato nel 2012 per buona condotta. Ma l’ex banchiere ha trascorso due anni e mezzo dietro le sbarre e ora vorrebbe fosse fatta giustizia anche per gli altri vertici dell’istituto e in generale per il sistema bancario “malato” della Svizzera.
Due anni e mezzo in cella ma anche $104 milioni di ricompensa
Birkenfeld si dipinge come una vittima, ma per il suo operato e la sua testimonianza ha ricevuto una lauta ricompensa in denaro dalle autorità Usa: 104 milioni di dollari. Secondo quanto racconta l’agenzia Afp sta approfittando della situazione “prestandosi in modo indulgente ai servizi fotografici, con l’orologio di lusso al polso e il sigaro Avana fra i denti“.
Il descrive la banca come un sistema criminale, un “vero cartello”, una “mafia”: computer criptati, un pulsante di emergenza (“panic button”) sui telefoni per cancellare tutti i contatti e messaggi, manuale per evitare di essere scoperti alla dogana.
L’America era una terra di opportunità e la Francia “un mercato in crescita”, spiega il 53enne, che è stato ascoltato come testimone nell’indagine francese sulle pratiche di UBS. A suo avviso non vi è alcun dubbio che la “caccia al cliente” in cui era impegnato negli Usa si svolgesse contemporaneamente anche in Francia. “Perché pensa che i cacciatori andassero a Parigi? Amavano i croissant, ma anche a Zurigo ci sono i croissant”.
Ora Birkenfeld è diventato un paladino dei whistleblower, le gole profonde che denunciano pubblicamente la presenza di attività illecite a cui hanno preso parte. “Distruggere la banca vuol dire distruggere se stessi. Dobbiamo proteggere gli informatori pagandoli, perché non troveranno mai più un lavoro”, sostiene il milionario.
Secondo l’uomo la Francia dovrebbe ricompensare chi lancia un allerta e mette a rischio la propria carriera e non solo. Persone che dovrebbero essere considerate al pari degli “eroi”.
L’obiettivo di Birkenfeld è quello di creare una fondazione che consigli e aiuti tutti gli Edward Snowden o le Stéphanie Gibaud (ex quadro di UBS in Francia) del mondo, perché tutti possano “vivere in una società migliore”.