La direttiva Mifid II, entrata in vigore lo scorso gennaio, avrebbe lasciato sul campo dei ricavi dell’industria della consulenza circa 150 milioni di euro con la possibilità di aggredirne in futuro un ammontare che si aggira fra 300 e i 600 milioni. A fornire le cifre è la società di consulenza McKinsey, intervenuta nel corso della due giorni di ConsulenTia, l’evento organizzato a Napoli dall’Associazione nazionale consulenti finanziari (Anasf).
Secondo i dati dello studio presentato da McKinsey, gli effetti della direttiva, nata per favorire la trasparenza a vantaggio del cliente, avrebbe ridotto in 10 mesi il pricing medio del portafoglio. Lo hanno dichiarato il 40% dei consulenti intervistati. Da questo dato, la società di consulenza ha stimato un impatto potenziale sui ricavi di 150 milioni di euro, in qualche modo già in corso di erosione.
La pressione competitiva innescata dalla Mifid II, inoltre, aumenterebbe il tasso di abbandono degli operatori del settore, che passerebbe da una media storica del 6% al 10%, sempre secondo quanto dichiarato dallo stesso campione.
“I mercati finanziari in costante e rapida evoluzione chiedono di passare da un modello di prossimità a un modello improntato sul concetto di relazione”, ha dichiarato Fabio Cubelli, condirettore generale e responsabile area coordinamento affari di Fideuram, “con Mifid II saranno premiati consulenti e aziende che saranno in grado di erogare e di far apprezzare al cliente un livello di servizio adeguato al prezzo pagato”.
Il quadro che emerge dalla ricerca di McKinsey “presenta ancora luci e ombre sull’industria” ha dichiarato il presidente di Anasf, Maurizio Bufi, che ha fatto appello a una maggiore “coerenza nelle relazioni tra le parti della catena del valore di un’industria che vede ancora il consulente finanziario come figura centrale del settore”.