Se l turbolenze di mercato e in particolare i cali che hanno interessato gli asset italiani non dovessero durare troppo a lungo, le conseguenze saranno limitate per l’economia del nostro paese. È il parere autorevole espresso dal vicepresidente della Banca Nazionale Svizzera (SNB).
Secondo Fritz Zurbrugg lo spread e la volatilità in aumento alla Borsa italiana non devono preoccupare eccessivamente, per ora. Certo, se il trend negativo proseguisse nel tempo, il sentiment dei mercati potrebbe modificarsi, e non in meglio. Comunque, ogni punto in più del debito pubblico è un punto in meno che pesa sul welfare e sull’economia del Paese.
Rimane soltanto, come ha anche riconosciuto il vice premier e leader del MoVimento 5 Stelle Luigi Di Maio, da convincere i mercati finanziari della bontà delle riforme introdotte con l’ultima legge di bilancio del governo.
Zurbrugg è intervenuto ad un incontro organizzato dalla Camera di Commercio Svizzera in Italia, intervistato dal giornalista Lino Terlizzi editorialista del Corriere del Ticino e collaboratore de Il Sole 24 Ore per la Svizzera, sul tema “La Banca Nazionale Svizzera e il quadro economico internazionale”.
I due interlocutori sono stati presentati dal presidente della Camera di Commercio Svizzera, Giorgio Berner, a una platea di attori di spicco dell’economia, tra i quali il presidente di Assoedilizia e dell’Istituto Europa Asia Achille Colombo Clerici, Fabrizio Rindi presidente di Kairos, e Giampio Bracchi presidente di Intesa Private Banking.
Erano presenti anche l’ambasciatore della Svizzera in Italia Giancarlo Kessler, il direttore della Banca d’Italia di Milano Giuseppe Sopranzetti e il Direttore-Segretario Generale della Camera di Commercio Svizzera, Alessandra Modenese Kaufmann.
Nel discutere del “caso Italia”, Zurbrugg ha citato l’esempio della Svizzera, la quale ha visto aumentare il debito pubblico (dal 32 al 40%, va sottolineato, percentuale ben al di sotto del 133% italiano, il secondo in Europa dopo la Grecia e il terzo al mondo tra i paesi industrializzati dopo Stati Uniti e Giappone).
Ciononostante, ha ricordato il banchiere che ha vissuto e studiato in Italia, non c’è stata alcuna ricaduta negativa sulla moneta (anzi, da tempo la Confederazione è impegnata nel limitare le conseguenze sulla rivalutazione del franco causata dal massiccio afflusso di valuta estera) in quanto i mercati hanno sempre ritenuto la Svizzera un Paese dall’economia e dalla politica credibili e affidabili. I mercati hanno bisogno soprattutto di certezze.
Anche moneta forte può influire sull’export
L’economista è intervenuto anche sulla guerra commerciale in atto e sulla questione calda della Brexit, dicendo che “è auspicabile per tutti una uscita ordinata della Gran Bretagna dall’Ue; la Svizzera d’altronde non ricaverà particolari vantaggi all’evento”.
Riguardo ai dazi imposti da Donald Trump contro il resto del mondo, secondo il presidente della SNB si contrappongo ottimisti (è un fenomeno passeggero dovuto alla maniera nuova di fare politica di un presidente Usa) e pessimisti (il meccanismo protezionista innescato avrà esiti imprevedibili).
A questo proposito, Zurbrugg ha ricordato che anche una moneta forte influisce positivamente, seppure marginalmente, sull’export di un Paese: dipende da quanto immette sul mercato. Inoltre, alcuni settori come alta tecnologia e farmaceutici, ad esempio, non temono prezzi alti.
In tema di moneta forte, il presidente di Assoedilizia ha ricordato come dagli Anni 70 a oggi il franco si sia rivalutato di tre volte rispetto al dollaro. Quali dinamiche o quale spirito hanno permesso questo “miracolo” costituito dalla continua competitività della Svizzera sui mercati internazionali, quando quasi tutti i Paesi hanno praticato la politica della svalutazione competitiva?, gli ha chiesto Colombo Clerici.
La risposta di Zurbrugg è stata particolarmente originale: “Circola ancora oggi in Svizzera la moneta da 10 centesimi del 1864”. Sarebbe questa la perfetta testimonianza della forza di una moneta e della sua economia.