Sono due i grossi problemi che pesano sull’Italia: da una parte una crescita che va a rilento e dall’altra il debito pubblico che ha raggiunto cifre colossali. Ma come, quando e perché si è formato questo macigno che pesa da trent’anni sulle nostre vite? Questa la domanda che si pone Enrico Marro sul Sole 24 Ore e a cui trenta di dare una risposta sulla base di uno studio realizzato da Roberto Artoni, ex commissario Consob e docente emerito di Scienza delle finanze all’Università Bocconi di Milano, sull’andamento del rapporto debito-Pil.
Uno studio attento e lungo che rivela come il primo boom del debito italiano si verifica nel 1897, con la crisi economica di fine Ottocento, quando raggiunge il 117% del Pil nonostante un saldo primario positivo. Le altre due impennate del debito si verificano durante i conflitti mondiali e poi si impenna nel “biennio rosso” 1919-1920, raggiungendo il massimo storico di 160% nel 1920. Negli anni settanta poi la situazione delle finanze pubbliche precipita dma il debito non esplode e questo perché interviene Bankitalia.
Dal 1975 la Banca d’Italia si impegna a garantire il successo delle aste dei titoli di Stato, stampando moneta per comprare le obbligazioni rimaste invendute (…) In questo modo il costo dell’aumento del debito sparisce dai conti pubblici ma si scarica sulla lira, che non a caso nella seconda metà degli anni Settanta si svaluta di un impressionante 40% rispetto al dollaro.
Così si arriva al 1981 quando l’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e il Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi avviano il “divorzio”.
Via Nazionale, come altre banche centrali, si libera dall’obbligo di acquistare i titoli di Stato invenduti, tornando a essere indipendente nelle sue scelte di politica monetaria (…) Il nostro Paese arriva al 1982 in condizioni sudamericane: l’inflazione viaggia intorno al 17% divorando il potere d’acquisto di stipendi, risparmi e pensioni, i tassi d’interesse all’inizio dell’anno superano il 25%, lo spread tra i decennali italiani e quelli della Repubblica federale tedesca tocca l’inimmaginabile record di 1175 punti base.
Sarà negli anni 1980-1990 che il debito esploderà passando da appena sotto il 60% nel 1980 a volare al 100% del Pil dieci anni dopo.
In questo periodo deve essere sottolineata la passività delle nostre autorità di politica economica – accusa Artoni – che hanno assistito inerti all’evoluzione della nostra finanza pubblica, forse soddisfatte del fatto che a tassi di interesse reali così elevati fosse comunque possibile il finanziamento del Tesoro.
Sarà poi nell’estate del 1992 che arriva la spallata sui mercati da parte del finanziere George Soros che attua un violento attacco speculativo, spingendo sterlina britannica e lira quasi fuori dal sistema e costringendo Bankitalia a una svalutazione brusca del 7% e due anni dopo il debito pubblico raggiunge il 124% del Pil.