È entrato in vigore da oggi, alla mezzanotte americana (le 6 del mattino in Italia) il nuovo round di sanzioni Usa contro l’Iran, che si abbatterà soprattutto su petrolio e banche. Questo con l’obiettivo di tagliare le gambe al governo di Teheran, anche se la Casa Bianca continua a ripetere che l’obiettivo non è quello di rovesciare il regime.
Sei mesi dopo il ritiro unilaterale dall’accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dunque riavviato le sanzioni che erano state tolte sotto l’amministrazione Obama. Un colpo di spugna, dunque, su tutto il lavoro diplomatico e politico svolto negli anni scorsi per rompere l’isolamento di Teheran e fermare le sue ambizioni atomiche.
“Sono le più dure che il nostro Paese abbia mai imposto, vedremo cosa succede”, ha commentato Trump .
Ieri, intanto, il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha spiegato che gli Stati Uniti prevedono di esentare temporaneamente, per un massimo di sei mesi, otto Paesi che negli ultimi tempi hanno lavorato per ridurre a zero le loro importazioni di petrolio da Teheran.
“C’è un certo numero di Paesi che ha già ridotto significativamente le loro importazioni di greggio e ha bisogno di un po’ più di tempo per raggiungere quota zero, e noi daremo loro quel tempo“, ha spiegato Pompeo senza indicare quali siano.
Tra i paesi esentati temporaneamente dalle sanzioni spicca l’Italia: Roma, dunque, potrà temporaneamente, e in misura limitata, continuare a importare petrolio da Teheran. Gli altri Paesi a cui è stata concessa l’esenzione sono Cina, India, Corea del Sud, Turchia, Grecia, Giappone e Taiwan.
Dal canto suo, il presidente iraniano Hassan Rouhani promette di “aggirare con fierezza” le nuove sanzioni:
“Sto annunciando che aggireremo con orgoglio le sanzioni illegali e ingiuste, perché sono contro il diritto internazionale” ha detto Rouhani in un discorso televisivo. “Siamo in una guerra economica e ci troviamo di fronte ad un tentativo di intimidazione” ha aggiunto.
Sui mercati delle materie prime, il petrolio scivola. Al momento i future Usa cedono 30 centesimi a quota 72,53 dollari al barile. I contratti su Brent e Wti hanno perso il 15% dai massimi di quattro anni toccati un mese fa.