Mentre si moltiplicano i segnali di distensione tra Cina e Stati Uniti in vista del meeting del G20, quando è previsto un incontro tra i due Paesi, la guerra commerciale innescata da Washington pare aver già sortito i primi effetti nelle decisioni aziendale.
Secondo un sondaggio condotto dalla banca Hsbc, le aziende, complici le tensioni internazionali, cercano di fare affari sempre più all’interno delle proprie regioni, riducendo in questo modo le relazioni con i paesi al di fuori della propria area geografica.
“Quello che stiamo vedendo è un leggero spostamento della catene di approvvigionamento in ambito intraregionale“, ha detto Stuart Tait, numero uno delle attività bancarie commerciali per l’Asia Pacifico di HSBC, specificando che ai valori attuali, il commercio intra-asiatico appare equivalente in termini a quello dell’Asia con il Nord America e l’Europa messi insieme. “L’Asia sta diventando più connessa”, ha poi specificato Tait alla CNBC al China International Import Expo di Shanghai.
Dal sondaggio, condotto tra 8.500 aziende, è emerso che il 63% delle imprese ha indicato come i venti contrari della politica estera stiano rafforzando la crescente tutela dei governi nei confronti delle economie domestiche.
L’indagine indica inoltre che la percentuale di società nordamericane ed europee che cita l’Asia come l’obiettivo principale per la crescita del commercio futuro è diminuita rispetto al primo trimestre dell’anno. La stessa tendenza si nota tra le società asiatiche, che guardano con sempre minore interesse al Nord America.
In questo contesto, la Cina sembra tutto sommato uscirne vincente dato che numero sempre maggiore di società nell’Asia del Pacifico guardano alla seconda economia del mondo come un mercato in crescita nel futuro.
Questa tendenza è stata “benefica per la Cina in generale”, ha aggiunto Tait, spiegando che le aziende cinesi si sono recentemente spostate verso la produzione e la vendita nei paesi emergenti.