Fondamentali
L’Italia è cresciuta oltre il potenziale, riprendendosi dopo la crisi finanziaria e quella europea. Tale crescita è stata guidata dalla domanda domestica, dato che il tasso di disoccupazione è sceso da oltre il 13% a circa il 10% di oggi, la fiducia dei consumatori è migliorata (inizialmente supportata dal calo dei prezzi del petrolio) e gli investimenti hanno iniziato a riprendersi.
Tuttavia, l’Italia ha rallentato rispetto agli altri Paesi europei (+8% del Pil nominale dal 2008; media: 21%), e la crescita sta rallentando al momento, sebbene rimanga superiore al potenziale. Gli ultimi dati sul Pil per il terzo trimestre erano 0,0%, inferiori al consenso, e secondo l’ufficio di statistica la domanda domestica e gli scambi netti erano piatti.
L’inflazione headline ha raggiunto il picco dell’1,7% ma ciò è ampiamente dovuto all’aumento dei prezzi del petrolio. L’inflazione core è invece allo 0,8% anno su anno.
In questo contesto, le stime della nuova coalizione al Governo su crescita (2019: 1,5%, 2020: 1,6%), inflazione (deflatore debito/Pil 2019: 1,9%, 2020: 1,9%) e traiettoria del debito appaiono come un’impresa.
Il fatto che l’Italia abbia un disperato bisogno di vedere una crescita del Pil più veloce è una questione importante, ma il piano del Governo per un deficit più ampio è allocato in maniera eccessiva (a livello economico, sebbene forse non lo sia a livello politico) su ambiti in cui probabilmente non ci sarà un grande moltiplicatore fiscale (come l’abbassamento dell’età del pensionamento e l’aumento dei benefit di welfare).
Tale piano è stato rifiutato dalla Commissione Europea e all’Italia è stato chiesto di presentare nuove misure. A nostro avviso, è improbabile che l’Italia vorrà rientrare nei limiti e probabilmente subirà la procedura per debito eccessivo.
Tale risultato potrebbe essere esattamente quello voluto dalla coalizione. Il Governo ha incluso nel budget un deficit più ampio nel 2019, che poi scenderebbe gradualmente (aiutato dalle proposte ambiziose di crescita), il che riflette ciò che verrebbe richiesto dalla procedura per debito eccessivo. La Commissione Europea potrebbe chiedere di agire per contenere il bilancio del 2019, ma il Governo si è detto pronto a posporre alcune misure, come la riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza. Potenzialmente esiste una soluzione per quest’anno in cui l’Italia raggiungerebbe un deficit al 2,0%, rimandando alcune misure, se la Commissione Europea acconsentirà a collocare l’Italia in una procedura per debito eccessivo “soft” (per esempio senza multe e senza la sospensione dei fondi strutturali).
Ciò rimanda il problema all’anno prossimo, in primavera (piano di bilancio pluriennale) o in autunno (bozza di bilancio per il 2020). Tale scenario supporterebbe il piano di Matteo Salvini.
Riteniamo che sia pronto a scommettere sulla solvenza italiana (una procedura per debito eccessivo limitata conterrebbe gli spread) con l’obiettivo di innescare un cambiamento politico alle elezioni del Parlamento Europeo di maggio 2019. Da qui a maggio 2019, le dispute sul bilancio daranno svariate opportunità a Salvini per svalutare l’attuale leadership della Commissione UE.
La rappresentanza britannica relativamente liberale scomparirà a causa della Brexit e ciò darà la possibilità ai populisti di guadagnare spazio, e forse questi ritengono di poter ottenere la maggioranza, come dimostrato dalla recente esibizione con Marine Le Pen, Presidente del recentemente rinominato Rassemblement National in Francia.
In tale scenario, la prima vittima sarebbe il Patto di Stabilità e Crescita dell’UE, che rafforza la disciplina fiscale. Ci vorrebbe un grande cambiamento nei sondaggi perché Salvini riesca a raggiungere tale risultato, soprattutto se il movimento del Presidente francese Emmanuel Macron (En Marche!) farà bene, quindi forse il vice primo ministro avrà la sensazione di aver poco da perdere. Tuttavia, ci aspettiamo comunque un grande cambiamento nella composizione del Parlamento Europeo, che renderà ancora più difficile la creazione di politiche tra i Paesi e manterrà i rendimenti elevati, specialmente senza il programma di acquisto della Banca Centrale Europea.
BTP
Un notevole elemento di supporto per i BTP è che il debito delle famiglie e delle aziende è basso rispetto a quello degli altri Paesi europei (il debito delle famiglie italiane è inferiore a quello tedesco), e ciò ha fornito sostegno al debito pubblico nel corso delle crisi passate. Se i rendimenti continueranno ad aumentare, le famiglie compreranno somme maggiori, anche se ovviamente ciò non sarebbe positivo per la crescita, aumentando di fatto i prestiti nel settore privato.
Il rischio chiave, tecnicamente, è se una crescita più debole e ampie spese fiscali risulteranno in ulteriori downgrade, mettendo a rischio lo status di investment grade e portando a un sell-off forzato, con l’esclusione dell’Italia dagli indici più importanti. Al momento, le agenzie di rating hanno concesso all’Italia il beneficio del dubbio (non vogliono essere reputati responsabili per le difficoltà economiche in Italia), ma una rappresaglia più forte da parte della Commissione UE darebbe loro la copertura per tagliare il rating dei BTP.
Valutazioni
I BTP attuali hanno deviato considerevolmente rispetto alla loro media a un anno, anche se si potrebbero fare ampie considerazioni sul fatto che il nuovo Governo, insieme alla fine del programma di acquisto della BCE, rappresentino una congiuntura strutturale.
Al momento i BTP scambiano a prezzi piĂą bassi rispetto ad altri debiti periferici, ad eccezione della Grecia, sebbene gli spread tra Grecia e Italia si siano notevolmente ridotti.
Il nostro scenario di base prevede che l’Italia resterà nell’Eurozona. I livelli di euroscetticismo, secondo l’Eurobarometro, stanno crescendo e al momento solo il 44% dei cittadini è a favore dell’appartenenza all’UE. Il supporto per l’euro resta comunque elevato e sta aumentando, a dimostrazione del successo della campagna della coalizione contro l’UE, e allo stesso tempo rassicurando sul fatto che il Paese non ha intenzione di uscire dall’euro.
I recenti commenti suggeriscono che al momento i bond italiani stanno prezzando un considerevole rischio di ridenominazione. Dal nostro punto di vista, riteniamo che si tratti di una mossa prematura, anche se in parte giustificata, alla luce dei movimenti nella parte breve della curva dei rendimenti dei BTP e il flirt del Governo con i mini-BOT, essenzialmente una valuta alternativa.
Se la situazione dovesse calmarsi, con una soluzione di procedura per debito eccessivo della Commissione UE, supportata da emissioni positive nel quarto trimestre del 2018, alcuni di questi rischi di ridenominazione dovrebbero diminuire, quindi supportando i BTP. I rischi di ridenominazione possono anche essere stimati guardando ai bond italiani in euro rispetto a quelli in dollari, e il risultato sembra simile.
Conclusioni
I Titoli di Stato italiani a livello di valutazioni sembrano molto attraenti rispetto a quelli di altre economie periferiche in Europa e ai Bund. Offrono rendimenti elevati per investitori europei e statunitensi che si proteggono dal rischio valutario. Sono anche molto economici se si considera la loro media, opposta rispetto alle valutazioni storiche, e se il rischio di ridenominazione è sopravvalutato. Alla luce delle emissioni nette negative all’avvicinarsi della fine dell’anno e l’assenza di rischi di downgrade sul breve termine, i bond italiani potrebbero avere buone performance nel corso dei prossimi mesi.
Tuttavia, in un’ottica di più lungo periodo, visti i fondamentali, le performance dovrebbero affievolirsi. Il Governo italiano è pronto a tollerare rendimenti più alti per spingere verso un cambiamento politico a livello europeo, che potrebbe comportare multe, sospensione dei fondi strutturali e rischio di un downgrade a junk (che potrebbe portare a un ampio sell-off). La diminuzione delle debolezze periferiche ha rappresentato un buon affare, anche quando la situazione economica era complessa, dato che l’UE è sempre stata un progetto politico; tuttavia, sta diminuendo il supporto politico verso l’attuale leadership europea, rendendo tale trade più complesso per gli investitori.