Proprio a dicembre di 15 anni fa si consumava il crac della Parmalat, l’impero del latte guidato da Calisto Tanzi che finì per bruciare 14 miliardi, trascinando con sé il risparmio di 80mila tra obbligazionisti e azionisti.
Erano gli anni doro del marchio Parmalat che godeva di grande credibilità, costruita però a suon di favori e debiti, che, alla fine hanno inghiottito l’azienda creando un passivo di 14 miliardi di euro contro i 5 dichiarati in bilancio, la maggior parte dei quali (9,6 miliardi) ottenuti attraverso obbligazioni. A dicembre 2002 si inizia a scoprire la prima crepa quando il gruppo emette un bond da 150 milioni di euro con l’aiuto di Unicredit. I primi a non vederci chiaro furono gli analisti di Merrill Lynch.
Ma che fine hanno fatto i protagonisti di quel tragico default che portò al passaggio dell’azienda italiana in mano ai francesi di Lactalis? Ne parla un articolo di Repubblica che racconta la vita che ora conducono Tanzi e soci. Il primo con una condanna definitiva alle spalle di 25 anni, appare stanco e soprattutto amareggiato.
Parmalat? Non me ne occupo più. Non posso nemmeno andare a Collecchio. La mia vita? Quella del pensionato agli arresti domiciliari. Posso uscire tre ore ogni mattina, mi occupo del giardino di casa, in questi giorni colgo i rami caduti con il vento. E mi godo sei nipoti. La mia gioia.
Chi invece nonostante il crac è riuscito nuovamente a farsi strada nel mondo dell’alta finanza è l’ex braccio destro di Calisto Tanzi, Fausto Tonna.
Oggi Tonna è manager alla Prisma, società che fa porte per ascensori a Casale Mezzani, pochi chilometri da Parma. (…) A Collecchio è rimasto invece Claudio Pessina, il manager che prese a martellate i computer della sede centrale di Parmalat per provare a cancellare le prove delle truffe. Il suo know-how finanziario e quello nel campo mazze e affini non sono andati del tutto sprecati: il nome di Pessina compare alla voce “tesoriere” sul sito della squadra di baseball del paese.